L’espressione di uso comune dice che “un sacerdote è per sempre”. Ma allora cosa succede quando viene ridotto “allo stato laicale”?
Cosa avviene cioè quando un prete decide spontaneamente di abbandonare la tonaca per sposarsi? Ovvero, se un sacerdote è per sempre, in quel particolare caso rimane quindi un prete oppure smette di esserlo? La domanda è stata posta da una lettrice al giornale Toscana Oggi.
Alla questione ha provato a rispondere padre Valerio Mauro, docente di Teologia Sacramentaria. Si tratta del tema indicato nella teologia cattolica come del “carattere battesimale o sacerdotale”. Ci sono alcuni passi biblici in cui lo Spirito viene sigillato nel credente. In particolare, spiega il sacerdote: 2Cor 1,21-22; Ef 1,13; 4,30.
Come infatti la morte e risurrezione di Gesù ha carattere di unicità, lo stesso vale per il gesto battesimale, che unisce il credente al mistero pasquale di Gesù Cristo. In Rm 6,4 si spiega che “siamo stati battezzati nella sua morte” e in Eb 6,4-6 che il battesimo ha un valore definitivo.
“Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, che hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro. Tuttavia se sono caduti, è impossibile rinnovarli una seconda volta portandoli alla conversione, dal momento che per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia” (Eb 6,4-6).
Sant’Agostino spiegò questo aspetto al movimento religioso dei donatisti, cristiani del terzo secolo che vennero dichiarati eretici, che battezzavano per una seconda volta i propri seguaci. Il valore del sacramento infatti non va ferito con la ripetizione, perché nel momento in cui ci si battesima in Cristo e nella Chiesa accade che la nostra Comunione è definitiva.
Lo stesso accade per i gesti sacramentali della confermazione e del dono del ministero. Che non vanno mai ripetuti. Il sigillo dello Spirito di cui si parla nella Bibbia assume perciò la valenza di un “carattere”, l’impronta del Padre applicata al Figlio secondo quanto scritto nella lettera agli Ebrei.
Per questo sia il battezzato che il prete lo sono per sempre. Vale cioè per battezzati, per chi riceve la confermazione o per chi viene ordinato diacono, prete o vescovo. Ciò perché in questi sacramenti Dio appone il sigillo dello Spirito, agisce cioè in modo definitivo, e dona alle esistenze una relazione particolare con Cristo e con la Chiesa, che l’uomo non può modificare o recidere.
Anche nel caso in cui il credente la rifiuterà nella sua vita. Il sigillo che il Signore avrà messo sulla sua vita rappresenta una chiamata irrevocabile. La risposta al dubbio è che quindi sì, un prete rimane tale per tutta la vita. È la fragilità dell’uomo che permette l’accadere di ripensamenti, cambi di direzione, che possono essere vissuti con coscienza sincera ma anche con tanta sofferenza.
La Chiesa non fa altro che permettere di sospendere tutti quegli obblighi che derivano dalla relazione singolare che il ministro ordinato vive con Cristo e con la Chiesa, ovvero dallo stato sacerdotale. Tra questi, il principale è la dispensa dal celibato, che vale per i preti della Chiesa latina. Quindi accade che a quel punto il prete può sposarsi legittimamente e con rito religioso.
La stessa dispensa è prevista per obblighi previsti dal diritto canonico come la recita giornaliera della liturgia delle ore. Oppure, per il divieto di presentarsi come candidato alle elezioni politiche o infine di esercitare un’attività affaristica o commerciale.
Il sacerdote viene cioè ridotto alla stato laicale. Un carattere che si esprime nella decadenza di tutti gli obblighi giuridici derivanti dal suo stato clericale. Ma nonostante ciò, non c’è nulla che può annullare il sigillo sacerdotale ricevuto in precedenza.
Il che permette, secondo quanto stabilisce dalla legislazione canonica, che in casi estremi e di necessità anche un prete ridotto allo stato laicale può assolvere dai peccati coloro che si trovano in pericolo di morte.
Giovanni Bernardi
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