L’intervento di Dio nella nostra vita non avviene mai nelle modalità che immaginiamo. Più che la potenza del gesto, risalta l’amore con cui Lui cerca di interagire con noi.
Quello delle Nozze di Cana, più che un miracolo, fu un vero e proprio “segno”, ovvero un “fatto potente e straordinario che genera meraviglia”. Così lo descrive l’evangelista Giovanni.
Gesù agisce con discrezione
Commentando il Vangelo odierno, papa Francesco (Gv 2,1-11) ha illustrato in primo luogo il significato di “segno”. Si tratta, ha detto durante l’Angelus, di “un indizio che rivela l’amore di Dio, che non richiama cioè l’attenzione sulla potenza del gesto, ma sull’amore che lo ha provocato”.
Le Nozze di Cana e con gli altri segni menzionati nel Vangelo di Giovanni ci insegnano “qualcosa dell’amore di Dio, che è sempre vicino, tenero e compassionevole”.
A Cana, il segno arriva “mentre due sposi sono in difficoltà nel giorno più importante della loro vita”. Venendo a mancare un “elemento essenziale” per la festa, il vino, “la gioia rischia di spegnersi tra le critiche e l’insoddisfazione degli invitati”.
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La Madonna se ne accorge e “lo segnala con discrezione a Gesù”, il quale agisce “senza clamore, senza quasi darlo a vedere”, ordinando ai servi di “riempire le anfore d’acqua, che diventa vino”. Lo stile di Dio è fatto di “vicinanza e discrezione”, ha osservato il Santo Padre.
Fare come Maria
Nell’emergenza, Gesù si è comportato in modo così discreto che “i complimenti per il vino buono vanno poi allo sposo, nessuno se ne accorge, soltanto i servitori”. Eppure, “comincia a svilupparsi in loro il germe della fede, cioè credono che in Gesù è presente Dio, l’amore di Dio”.
“È bello pensare – ha proseguito il Pontefice – che il primo segno che Gesù compie non è una guarigione straordinaria o un prodigio nel tempio di Gerusalemme, ma un gesto che viene incontro a un bisogno semplice e concreto di gente comune”, quasi un “miracolo in punta di piedi”.
Se noi, “come Maria a Cana, lo interpelliamo, Egli è pronto ad aiutarci, a risollevarci”. Se sappiamo essere attenti a questi “segni”, rimaniamo “conquistati dal suo amore e diventiamo suoi discepoli”.
Gioia piena e disinteressata
Altra peculiarità del Vangelo di oggi: a quel tempo, “in genere il vino che si dava alla fine della festa era quello meno buono, quello annacquato”. Gesù sovverte questo stato di cose e “fa in modo che la festa si concluda con il vino migliore”.
“Simbolicamente – ha spiegato il Papa – questo ci dice che Dio vuole per noi il meglio, ci vuole felici. Non si pone limiti e non ci chiede interessi. Nel segno di Gesù non c’è spazio per secondi fini, per pretese verso gli sposi. No, la gioia che Gesù lascia nel cuore è piena e disinteressata, non è una gioia annacquata!”.
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A conclusione della meditazione evangelica, Francesco ha suggerito un esercizio: “Proviamo oggi a frugare tra i ricordi alla ricerca dei segni che il Signore ha compiuto nella nostra vita, per mostrarci che ci ama; quel momento difficile in cui Dio mi ha fatto sperimentare il suo amore”.
Per poi domandarci: “Con quali segni, discreti e premurosi, mi ha fatto sentire la sua tenerezza? Come ho scoperto la sua vicinanza e mi è rimasta nel cuore una grande gioia?”.
Pellegrini in cammino verso la piena unità
Dopo la recita della preghiera mariana, Bergoglio ha espresso la sua vicinanza alle popolazioni colpite dalle inondazioni in diverse regioni del Brasile nelle ultime settimane. “Prego in particolare per le vittime, per i loro familiari e per coloro che hanno perso la casa – ha detto –. Che Dio sostenga l’impegno di quanti stanno prestando soccorso”.
Un cenno, infine, alla Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani che, come sempre, si svolge dal 18 al 25 gennaio. Quest’anno, ha ricordato il Santo Padre, la Settimana che “quest’anno propone di rispecchiarsi nell’esperienza dei Magi, venuti dall’Oriente a Betlemme per onorare il Re Messia”.
“Anche noi cristiani – ha aggiunto – nella diversità delle nostre confessioni e tradizioni, siamo pellegrini in cammino verso la piena unità. Tanto più ci avviciniamo alla meta, quanto più tendiamo lo sguardo fisso su Gesù, nostro unico Signore. Durante la Settimana di Preghiera, offriamo anche le nostre fatiche e le nostre sofferenze per l’Unità dei Cristiani”, ha quindi concluso il Papa.
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