La visita appena conclusa di Francesco rappresenta, per certi versi, la sintesi di un intero pontificato, i cui principi ed obiettivi richiedono ormai un’urgente attuazione.
Quella in Kazakhstan ha assunto le caratteristiche di una canonica visita pastorale in un Paese, innestata però nell’evento eccezionale del Congresso dei Capi delle religioni mondiali e tradizionali.
Le religioni e la concordia tra i popoli
Il Santo Padre ha ribadito i principi ormai consolidati del dialogo interreligioso e come strumento di pace e delle religioni come antidoto ai conflitti. Affermazioni tutt’altro che nuove nella predicazione di Bergoglio, che, tuttavia, nel passaggio storico contingente, assumono un’importanza più che mai rilevante.
A conclusione del congresso, presso il Palazzo dell’Indipendenza a Nur-Sultan, sullo sfondo di una nazione multireligiosa per definizione, il Pontefice ha messo in luce il vero nodo attuale: “Ci sono troppi odi e divisioni, troppa mancanza di dialogo e comprensione dell’altro: questo, nel mondo globalizzato, è ancora più pericoloso e scandaloso”.
Il congresso appena concluso, sulla scia della Giornata di preghiera per la pace nel mondo (convocata da San Giovanni Paolo II ad Assisi), ha avuto come scopo quello di “riaffermare il contributo positivo delle tradizioni religiose al dialogo e alla concordia tra i popoli”. Allora, si era reduci dai tragici attentati dell’11 settembre 2001, che fomentavano il “terrorismo di matrice pseudo-religiosa”.
La dichiarazione finale del Congresso in Kazakhstan, perfettamente in linea con lo spirito dell’enciclica Fratelli tutti (2020), ha voluto rimarcare un principio diametralmente opposto: non si uccide in nome di Dio e qualunque religione non è tale se non persegue la pace e il progresso tra i popoli.
Una questione di bandiera…
Il Papa ha indicato la bandiera del Kazakhstan come simbolo di un “sano rapporto tra politica e religione”. Nel vessillo kazako, è rappresentata infatti l’“aquila dorata” che “ricorda l’autorità terrena”, mentre “lo sfondo blu evoca il colore del cielo, la trascendenza”.
L’auspicio è che sussista ovunque “un legame sano tra politica e trascendenza, una sana coesistenza che tenga distinti gli ambiti”. Una laicità autentica, dunque, implica “distinzione, non confusione né separazione” tra il potere politico e quello religioso.
Altro caposaldo ribadito con forza in vari momenti del viaggio è quello della “libertà religiosa”, non come “concetto astratto” ma come “diritto concreto”.
In Kazakhstan, il Vescovo di Roma lo ha ribadito: “la via del dialogo interreligioso è una via comune di pace e per la pace, e come tale è necessaria e senza ritorno”. Non si tratta più solo di “un’opportunità” ma è “un servizio urgente e insostituibile all’umanità, a lode e gloria del Creatore di tutti”.
Donne e giovani al centro
La Dichiarazione finale del congresso dei capi religiosi ha espresso un concetto meno scontato di quel che sembra: i leader religiosi esortano i leader politici mondiali ad “arrestare ovunque conflitti e spargimenti di sangue, e ad abbandonare retoriche aggressive e distruttive”.
Da parte sua, Francesco ha ribadito: “Vi preghiamo, in nome di Dio e per il bene dell’umanità: impegnatevi per la pace, non per gli armamenti! Solo servendo la pace il vostro nome rimarrà grande nella storia”.
Un elemento chiave nel perseguimento della pace, ha sottolineato il Santo Padre è la “donna”, poiché essa “dà cura e vita al mondo” e, più dell’uomo, esprime “attenzione, tenerezza, capacità di generare vita”. Per questo, sostiene il Pontefice, va protetta la “dignità” della donna, ne va migliorato lo status, affinché alle donne vengano “affidati ruoli e responsabilità maggiori”.
L’altro elemento chiave sono i “giovani”, definiti dal Papa come i “messaggeri di pace e di unità di oggi e di domani”, coloro i quali “più di altri, invocano la pace e il rispetto per la casa comune del creato”, che deplorano “le logiche di dominio e di sfruttamento, l’accaparramento delle risorse, i nazionalismi, le guerre e le zone di influenza disegnano un mondo vecchio”.
Libertà di culto? Non basta…
Nell’altro importante discorso, tenuto mercoledì mattina in apertura della sessione plenaria del Congresso, Francesco ha parlato non come vicario di Cristo in terra ma come capo religioso alla pari degli altri. Il denominatore comune, quindi, è l’idea di un Dio trascendente, tutt’altro che astratto, Padre di tutti.
L’incontro conclusosi oggi, dunque, si è tenuto “in nome di quella fratellanza che tutti ci unisce, in quanto figli e figlie dello stesso Cielo”. Anche nel discorso di ieri, Bergoglio aveva difeso la libertà religiosa.
“È venuta l’ora di destarsi da quel fondamentalismo che inquina e corrode ogni credo, l’ora di rendere limpido e compassionevole il cuore”, ha detto, deplorando, al tempo stesso, “i discorsi che per troppo tempo, qui e altrove, hanno inculcato sospetto e disprezzo nei riguardi della religione, quasi fosse un fattore di destabilizzazione della società moderna”.
Avendo fatto parte dell’Unione Sovietica, il Kazakhstan ha conosciuto l’“ateismo di Stato, imposto per decenni, quella mentalità opprimente e soffocante per la quale il solo uso della parola “religione” creava imbarazzo. In realtà – ha ribadito il Santo Padre – le religioni non sono problemi, ma parte della soluzione per una convivenza più armoniosa”.
Non basta, però, una semplice “libertà di culto”. Ogni persona, in ogni parte del mondo, ha “diritto” a “rendere pubblica testimonianza al proprio credo: proporlo senza mai imporlo. È la buona pratica dell’annuncio – ha puntualizzato – differente dal proselitismo e dall’indottrinamento, da cui tutti sono chiamati a tenersi distanti”.
È soltanto dando spazio a Dio, che riprendono fiato le quattro grandi sfide indicate dal Papa durante la visita: quella della “pandemia”, quella della “pace”, quella dell’“accoglienza fraterna” e quella della “custodia della casa comune”. Starà ora ai leader politici, economici e culturali raccogliere le stesse sfide e porsi laicamente in ascolto del punto di vista del capo della Chiesa Cattolica.