Sì è parlato in questi giorni della fede dell’incaricato Presidente del Consiglio Mario Draghi. Molti hanno sottolineato il suo essere cattolico praticante.
Tuttavia, ci si chiede se questa sua appartenenza alla Chiesa si possa tradurre in una visione della società e della politica in linea con il pensiero della Chiesa, e soprattutto con quello di Papa Francesco. Per l’economista riminese Stefano Zamagni, molto vicino alla persona di Bergoglio che lo ha anche nominato presidente dell’Accademia delle Scienze del Vaticano, è così. La visione del Pontefice venuto dalla fine del mondo e dell’ex presidente della Bce che ha salvato l’Europa “whatever it takes” posso incontrarsi.
Mario Draghi, cattolico e uomo delle banche?
“Verissimo, è molto cattolico. Un cattolico serio”, ha risposta al settimanale Famiglia Cristiana l’economista, che conosce da molti anni Mario Draghi. Scherzandoci anche sopra. Alla domanda del giornalista, se Draghi fosse veramente così austero come appare anche in privato, ha risposto: “Altrochè. Per farlo sorridere bisogna fargli il solletico ai piedi. Non sembra nemmeno un romano. E’ un nordico, fondamentalmente, sembra più un olandese, un norvegese, un tedesco della Westfalia. Tirato, magro. Del resto chi si occupa di finanza deve essere un po’ così. L’ha mai visto un pacioccone nei salotti della finanza?”.
Da anni Zamagni porta avanti il suo impegno per la divulgazione dell’economia civile, e di recente ha persino fondato un partito di ispirazione cattolica che si chiama “Insieme“. Per l’economista, forse in maniera giudicata da tanti un po’ ambiziosa, questa forza politica può ambire anche al venti per cento. Chissà che possa essere in futuro proprio un sodalizio con Draghi a rendere questa ambizione una realtà concreta.
Il punto di incontro tra i pensieri di Draghi e di Papa Francesco
Scherzi a parte, nel corso della conversazione uno dei punti salienti ha riguardato i punti di incontro tra il pensiero di Draghi e quello di Papa Francesco. Nei giorni scorsi infatti molti hanno sollevato dubbi in merito, spiegando che se Draghi è l’uomo delle banche non potrà mai essere sulla stessa onda dell’attuale Pontefice, impegnato in maniera radicale nella vicinanza ai poveri, agli ultimi e agli scartati.
Non è però dello stesso avviso l’economista, secondo il quale la situazione è ben diversa. A suo giudizio, infatti, l’incontro tra i due non è tanto su caratteri generici astratti, ma sulla Dottrina sociale della Chiesa, ovvero sui temi ben specifici che in questa vengono posti e che vanno necessariamente declinati di volta in volta nei diversi contesti storici.
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Il Papa pensa che l’attuale modello non sia più adeguato
“Questo papa ritiene che il modello tuttora dominante di economia di mercato capitalistico non sia più adeguato a raggiungere i tre obiettivi fondamentali“, spiega Zamagni. Questi sarebbero la distruzione dell’ambiente, il tema delle diseguaglianze sociali, e quello della centralità della persona umana.
Non a caso, i pochi indici presi in considerazione che riconducono alla felicità umana parlano di un aumento vertiginoso della tristezza. Testimoniata, ad esempio, dall’aumento dei suicidi o dell’uso di psico-farmaci in Paesi come gli Usa. “Draghi condivide tutto questo“, spiega, sottolineando che al momento quello che potrebbe essere il futuro premier italiano ha messo al centro il tema della coesione sociale. Tuttavia, “ciò su cui ci possono essere differenze sono gli strumenti, non i fini, ma si tratta di differenze minime forse lui è più favorevole al libero mercato, è meno propenso a correttivi e limitazioni, e non potrebbe essere diversamente essendo un uomo della finanza”.
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In cosa si tradurrebbe la nuova azione di Governo di Draghi?
Tutto ciò potrebbe tradursi, ha concluso l’economista, nella fine dei “sussidi a pioggia”. Come ad esempio “il reddito di cittadinanza”. Quindi “niente assistenzialismo, ma sussidi mirati per chi non ce la fa”. Oltre a questo, alla fine di “finanziamenti a imprese decotte, incapaci di risorgere, di spiccare il volo perché obsolete e incapaci di reagire alla crisi”.
Tuttavia, all’orizzonte si presenta il tema del blocco dei licenziamenti, che scadrà a fine marzo. La previsione è che questo “non verrà prorogato e che molte aziende dovranno chiudere e molta gente rimarrà senza lavoro. Ma non per colpa degli astri, della pandemia o di Draghi, ma perché i loro managers non hanno capito che andavano posti dei rimedi ben prima della pandemia”.
Francesco Gnagni