Dio ha creato tutto per l’amore e la felicità , ma ha stabilito che questo sia ottenuto con la libertà e non forzatamente. Il Signore ha poi fissato che ognuno di noi sia soggetto alla prova. Già gli angeli sono stati sottoposti, essi stessi, alla prova. L’esito finale lo conosciamo tutti: una parte si è¨ ribellata a Dio e non ha voluto riconoscere la sua autorità , non ha cioè confessato e voluto riconoscersi dipendente da lui. Il risultato è che questi angeli sono decaduti, cioè¨ si sono dannati definitivamente. Un’altra parte di angeli ha preferito invece l’obbedienza a Dio e ha scelto così il paradiso. Anche l’uomo sulla terra è¨ sottoposto alla prova della fedeltà alle leggi di Dio. E questo accade anche durante il tempo della sofferenza che, come sappiamo, non manca a nessuno. «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua », dice Gesù nel Vangelo (Luca 9,23). Una volta si diceva dalle mie parti, in Emilia: «In paradiso non si va in carrozza». Tradotto: in paradiso non ci si va allegramente, occorre in qualche modo guadagnarselo. E questo vale per tutti. Leggiamo ad esempio che alcuni santi hanno vissuto delle sofferenze straordinarie. Diciamolo subito: il Signore non le pretende da tutti. Ognuno di noi però in qualche modo vive le sue tribolazioni, le sue fatiche, ordinarie e straordinarie.
Questa situazione rientra pienamente nel piano di Dio. L’essere provato nella fede; deve mostrare che la fedeltà al Signore non è¨ dovuta a vantaggi temporali, come la salute o il lavoro, ma è¨ vissuta da noi con gratuità ; amare Dio sopra ogni cosa: tutto questo corrisponde in pieno alla nostra vocazione cristiana.
Siamo chiamati dunque ad amare e a credere in Dio a prescindere da tutto, anche se certamente riconosciamo che le cose temporali ci danno la forza e l’aiuto di tirare avanti ogni giorno. Cito l’esempio di san Paolo, che parla di una spina nella carne (2Corinzi 12,7). Non sappiamo esattamente di quale sofferenza si trattasse; egli parla solo di un angelo di Satana che lo perseguita.
Possiamo però intuire che fosse una sofferenza fisica dovuta all’azione del demonio e non a cause naturali. «Per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me», afferma quasi disperato. Ma Dio non lo libera: «Ti basta la mia grazia», gli dice. San Paolo è¨ morto con quella spina nel fianco perchè la virtù si manifesta e si approfondisce proprio attraverso la sofferenza, che non è¨ solo una prova della virtù, ma anche un suo perfezionamento. L’esperienza dell’apostolo ci conferma che attraverso la sofferenza impariamo ad amare Dio, a perfezionare questo amore. Di qui la sua grande utilità . Poi, se la sofferenza è¨ offerta per la salvezza delle anime e la conversione dei peccatori, diventa strumento di vera collaborazione con l’azione di Dio per la redenzione di tutta l’umanità .
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