«Ogni peccato ed ogni bestemmia sarà perdonata agli uomini, dice Gesù Cristo in S. Matteo, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà rimessa. Chiunque sparlerà del Figliuolo dell’uomo otterrà perdono; ma chi avrà sparlato dello Spirito Santo non ne avrà remissione, né in questo secolo, né nel futuro» (MATTH. XII, 31-32). Qual è questo peccato che non sarà rimesso né nel tempo, né nell’eternità?
Disperare di salvarsi l’anima: la disperazione deriva da sfiducia nella divina misericordia o da sfiducia in sé stessi, nella propria capacità di mantenere il proponimento di non ricadere nel peccato; nella propria capacità di rinnegare sé stesso, di prendere la propria croce e di seguire Cristo anche sulla strada che porta al calvario. Chi dispera, ragiona press’a poco così: Cristo richiede una tempra eroica, io non sono un eroe, dunque la sua morale non è per me. In ultima analisi, chi dispera, come chi presume, confida solo in sé stesso. Però, mentre il primo conclude di non potercela fare, il presuntuoso ritiene di potercela fare senza la necessaria arma della grazia divina.
Presumere di salvarsi senza merito. Chi dispera, si configura un Dio giusto, ma non anche misericordioso. Chi presume, si configura un Dio misericordioso, ma non anche giusto. Pecca chi si espone alle occasioni di peccato, presumendo di avere la forza morale sufficiente per superare la tentazione. La presunzione si allea alla superbia e alla mancanza del timor di Dio. Il presuntuoso infatti, crede di poter fare a meno di Dio.
Rifiutare la verità, pur riconoscendola come tale. Chi è disponibile alla fede, accetta anche quello che non riesce a comprendere in virtù di quello che comprende. Chi non è disponibile alla fede respinge anche quello che capisce a causa di quello che non riesce a capire. Rifiutare la verità morale e religiosa non è la stessa cosa che ignorare o rifiutare la verità scientifica o filosofica, perché queste ultime non incidono, in linea di massima, sulla nostra vita quotidiana come fanno o dovrebbero fare le verità morali e religiose. Ma soprattutto per un cristiano la verità è lo stesso Cristo. Rifiutare la verità è rifiutare Cristo.
Invidiare il cristiano che compie il proprio dovere. L’invidia diviene peccato contro lo Spirito Santo quando raggiunge livelli diabolici, quando cioè l’invidioso non solo desidera il male fisico ma anche il male morale dell’altro, non solo spera che l’altro cada in peccato, ma addirittura cerca di pervertirlo.
Ostinarsi nel peccato. Scrive Marlowe: “Sebbene tu abbia peccato come un uomo, non perseverare nel male come un demonio” (Faust). Nei primi secoli del Cristianesimo era diffusa la consuetudine di fare quasi coincidere il battesimo con l’unzione degl’infermi per essere liberati non solo dal peccato originale, ma anche da tutti i peccati attuali commessi nel corso della vita. Ma questo significa abusare della paziente misericordia di Dio.
Impenitenza finale. Finché c’è vita, c’è speranza di salvarsi l’anima. Dio ci attende sino all’ultimo istante. Dio ci parla sempre, l’impenitente non ascolta mai la sua parola. Dio ci tende sempre una mano. L’impenitente la respinge sempre. Non può incolpare altri che sé stesso del suo destino di perdizione. Il cristiano, invece, ogni giorno chiede a Dio la grazia di morire in grazia.
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