“Non commettere adulterio” (Es 20,14). Questo comandamento, ci chiede di rispettare il nostro corpo e ci invita a percorrere una strada che a volte è impervia e faticosa come un sentiero di montagna, porta a realizzare nella nostra vita la purezza: è una conquista molto impegnativa ma possibile.
Se l’uomo offende Dio col peccato, lo fa, per lo più, attratto dal piacere. La difficoltà di regolare l’istinto del piacere è grande, specialmente nei riguardi del piacere procurato dalle sensazioni gustative e dalle percezioni tattili, e tra queste, la mancanza più grave è il vizio della lussuria.
La lussuria è la forma più semplice per esprimere il proprio egoismo e questa tentazione dura quanto la vita stessa. È la ricerca ingorda e disordinata del piacere corporale, è uno dei sette vizi capitali ed è la causa di tutti gli atti impuri condannati dal Signore, cominciando dall’adulterio.
“È un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione” (Catechismo della Chiesa Cattolica 2351)
Libidine è una voglia smodata del desiderio sessuale.
L’adulterio è la forma più grave d’impurità sessuale e si commette quando un marito ha rapporti carnali con una donna coniugata in quanto viola il proprio vincolo matrimoniale, come pure quando un individuo non coniugato ha rapporti con una donna sposata ed entrambi compiono il peccato di adulterio. Chi non evita l’impudicizia cadrà alla fine nell’adulterio. Nella proibizione dell’adulterio è incluso il divieto di ogni genere d’impurità, che può contaminare il corpo e che comprende ogni intima libidine dell’animo.
Nella Bibbia sono descritte le punizioni della libidine carnale, oltre l’adulterio. Nella Genesi, per esempio si legge della sentenza pronunciata da Giuda contro la nuora (Gn 38,24); nel Deuteronomio è formulato questo precetto: “tra le figlie d’Israele nessuna sia cortigiana” (Dt 23,17). Tobia esorta: “Guardati, figlio mio, da ogni atto impudico” (Tb 4,13). E l’Ecclesiastico dice: “Vergognatevi di guardare la donna peccatrice” (Si 41,25).
Nel Vangelo Gesù Cristo dichiara che dal cuore si emanano gli adultèri e le azioni disoneste che macchiano l’uomo (Mt 15,19). L’apostolo Paolo bolla di frequente, con parole roventi, questo vizio, e altrove ribadisce: “Fuggite l’impudicizia!” (1Co 6,18). “Non immischiatevi con gli impudichi” (1Co 5,9); “In mezzo a voi, non siano neppur nominate l’incontinenza, l’impurità di ogni genere e l’avarizia” (Ep 5,3); “Disonesti, adulteri, effeminati e pederasti, non possederanno il regno di Dio” (1Co 6,9).
Fuggite l’impudicizia; qualunque peccato l’uomo commetta, si svolge fuori del corpo, ma il fornicatore pecca sul proprio corpo (1Co 6,18). A quei di Tessalonica lo stesso san Paolo diceva: “Non abbandonatevi alle passioni come fanno i pagani” (1Th 4,5). Il ventre ripieno provoca la libidine, come disse il Signore: “State bene attenti che i vostri cuori non se intontiscano in dissipazioni, ubriachezze” (Lc 21,34).
L’impurità c’è quando si cerca il piacere carnale a tutti i costi, quando si corre fra le braccia di una meretrice, quando nel matrimonio si compie l’atto sessuale senza ordine, quando si facilitano la separazione e il divorzio, quando si genera una convivenza. Impurità è dimenticare che “sesso” non vuoi dire solo godimento, ma principalmente affetto, comunione, gentilezza, bontà, ascolto, sensibilità, comprensione, carità.
Se l’uomo si regola secondo ragione in questo settore, allora è un uomo casto. Il cristianesimo ha riportato questa virtù alla sua radice interiore, esigendo, prima che la rettitudine delle opere, la moralità dell’intenzione, l’integrità della mente: “Fu detto non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,27). Gesù si ricollegava con il genuino significato dei precetti mosaici. La legge mosaica non solo col sesto comandamento diceva “non commetterai adulterio”, ma anche con il nono comandamento “non desidererai la moglie del prossimo” (Es 20,14-17).
La fornicazione è l’unione carnale fra uomo e donna non sposati, così come i rapporti prematrimoniali e gli atti sessuali completi tra fidanzati.
L’impurità carnale è la via privilegiata di Satana per corrompere un’anima, poiché è la più facile. Perciò bisogna vegliare (Mt 26,41), perché può allontanare dalla fede e dalla devozione, corrompere corpo e anima, trascinare verso il piacere sfrenato, idolatrare la carne, rendere malvagi.
Per questo San Paolo ci esorta ad astenerci dalle cose impure, per entrare nel regno dei cieli e non essere come i pagani che non conoscono Dio. L’apostolo ci insegna a vincere le passioni della carne per pervenire alla nostra crescita spirituale: “Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie! Perché, sappiate bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – che è roba da idolatri – avrà parte al regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente” (Ef 5,3-11).
Non commettere atti impuri significa, in fondo, educarsi all’amore vero, che rispetta gli altri come figli di Dio, e se stessi come tempio dello Spirito Santo. La nostra sessualità, voluta dal Signore, è una potente fonte di energia, se vissuta in modo intelligente ed evangelico. Essa ci aiuta ad amare il nostro prossimo nella sua completezza umana e spirituale, ed è figura e anticipazione di quell’Amore che troveremo perfettamente appagato nell’eterna Luce del cielo.
La castità significa vivere la sessualità secondo il progetto di Dio, evitando la malizia del cuore. La castità è avere nel cuore un amore grande che ci fa guardare alle cose e alle creature con lo sguardo puro di Dio. San Paolo ci parla anche d’impudicizia. Essa è il contrario della castità; è qualunque comportamento o atteggiamento, qualunque pensiero e desiderio che offende la santità e la bellezza del nostro corpo. Ci sono pensieri, parole, azioni, letture, spettacoli, divertimenti che offuscano la purezza del cuore. La castità evangelica è di tutti. Rende capaci di amare in modo completo e santo, nel pieno dominio del corpo, del cuore e della mente. Senza luce e senza grazia l’uomo diventa un bruto e compie atti che generano disgusto, sprezzo di sé e del proprio partner, insoddisfazione, ira, turbamento di coscienza, agitazione.
Da sempre i Padri della chiesa hanno speso parole per farci comprendere quanto grandi siano la turpitudine e il pericolo delle passioni sensuali, perché sono peccati che portano un vero flagello e causano la rovina.
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