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Quando i potenti tremano.

Queste foto non cambiano la storia, ma ne raccontano un pezzo inedito. Ciò che mancava, l’unica cosa mai vista.

Il presidente George W. Bush e il suo staff, rinchiusi in un bunker della Casa Bianca, durante i primi drammatici momenti dell’attentato alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001. ANSA/ UFFICIO STAMPA CASA BIANCA +++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++

Come reagì la Casa Bianca agli attacchi dell’11 settembre 2001? Nell’evento più visto e visualizzato di sempre non c’era questa parte. Le facce, i volti, le smorfie. Sono uscite adesso, 14 anni dopo, pubblicate direttamente dall’archivio di Stato americano. Mostrano soprattutto il vicepresidente dell’epoca Dick Cheney e il suo staff, perché lui quella mattina era alla Casa Bianca, mentre il presidente George W. Bush era in una scuola della Florida e rientrò a Washington dopo gli attacchi. Mostrano telefonate, conversazioni concitate, volti preoccupati, funzionari con le mani nei capelli. Trasmettono una drammatica verità: quella del luogo più potente della Terra impotente di fronte al terrore. Perché che cosa c’è più della Casa Bianca che rappresenta il potere? Niente. E dentro quell’edificio, in quei momenti, tra persone che (quasi) tutto possono, sembra esserci solo sgomento. Cheney, considerato dai media di tutto il mondo il più perfido degli uomini, pare impotente. Colin Powell, ex generale decorato della prima guerra del Golfo, teoricamente abituato a tutto, sembra immobile. Condoleezza Rice, segretario di Stato tosto, ha lo sguardo vitreo. La storia che raccontano queste immagini è proprio quella del disorientamento, dello sconcerto, della paura che il terrore riesce a generare anche in chi dovrebbe essere cinico e abituato a tutto. Ma come si fa ad abituarsi al più imponente e grave attacco terroristico della storia?

Sono documenti preziosi, queste foto. Perché ci raccontano ancora una volta quanto la nostra civiltà, occidentale, democratica, liberale viva così immersa nei suoi valori che non avrebbe potuto neanche immaginare un attacco di quella portata. Certo, raccontano anche l’impreparazione, sono anche il termometro di quanto sia stato grande il buco dell’intelligence. Ma alla fine dimostrano soprattutto che contro un terrore così non c’è barriera, neanche quella ultra protetta delle sale bunker della Casa Bianca. Ecco il loro valore: storico e documentaristico. Sono un pezzo di storia, appunto. Il pezzo mancante. Lo sono nonostante ancora una volta, come sempre accade quando si parla dell’11 settembre 2001, siano state il pretesto per ritirare fuori le teorie cospirazioniste più cieche. Qui l’immagine che alimenta il complottismo è quella del vicepresidente che guarda nel suo ufficio il televisore che trasmette le immagini degli aerei che entrano nel World Trade Center. Ha i piedi sulla scrivania, in una posa che sembra troppo comoda rispetto alla catastrofe che si sta verificando. Dimostrerebbe che non era particolarmente preoccupato. Ai complottisti sfugge il dettaglio che quelle immagini non sono state rubate, ma le ha scattate il fotografo ufficiale del vicepresidente con l’autorizzazione dello stesso Cheney. Avesse avuto qualcosa da nascondere le avrebbe vietate o, successivamente, bruciate. È semplicemente anche lui, come tutti gli altri in quegli scatti, un uomo ultra potente che in quei momenti non sa che fare, travolto da una cosa molto più grande perfino di lui. Così come lo è stata per tutti noi. Così come lo sarà ancora per molto tempo.

Fonte :ilgiornale.it

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