In un interessante articolo pubblicato sul sito ‘Dominaataeterna’ Don Leonardo Maria Pompei parla del peccato legato alle confessioni sacrileghe. La dottrina impone un numero minimo di confessioni e comunioni in un anno, rispettivamente una all’anno e una nel periodo pasquale. Chiaramente il fedele sarebbe tenuto a confessarsi il più possibile e a prendere una comunione al giorno, ma dato che non tutti sono ligi alla propria fede, dovere della Chiesa come istituzione di Cristo è quello di non lasciare i penitenti nel peccato mortale.
Dopo questa premessa il Sacerdote si sofferma sulle condizioni di validità di una confessione approvate dal Concilio tridentino, che sono le seguenti: il penitente deve confessare tutti i peccati mortali definendoli in numero, specie e circostanze, se questa confessione è accompagnata da un sincero pentimento, ovvero il penitente prova dolore per aver commesso il peccato, lo detesta e ha la seria intenzione di non ripeterlo, il sacerdote ha facoltà di assolverlo.
Chiaramente al singolo parroco spetta il compito di giudicare il pentimento del confidente, e per fare questo al meglio si deve curare di rendere edotto il peccatore sulla gravità del suo agire e cercare di renderlo cosciente su eventuali peccati che il penitente non ritiene tali. Una volta accertata la sincerità del pentimento e constatata l’assenza di ulteriori peccati non confessati, il parroco può procedere all’assoluzione accompagnata dalla penitenza e dalle indicazioni che permettano al fedele di non cadere in tentazione.
Si parlava inizialmente di confessione sacrilega, in quali casi la confessione non è valida? Padre Pompei ci illustra la confessione peccaminosa in tutti i suoi dettagli: “Anzitutto quando il penitente non è pentito, cioè non prova dolore per quello che ha fatto, ma, soprattutto, non ha intenzione di smettere”. In questi casi il penitente non è tale e per tal motivo non si dovrebbe presentare al confessorio e un parroco che lo assolve commette peccato lui stesso. Poi c’è il caso in cui una penitenza assegnata non viene messa in atto dal penitente, questo comporta un annullamento a posteriori dell’assoluzione.
Spesso i primi a commettere errori durante le confessioni sono proprio i penitenti abitudinari, i quali vanno spesso a confessarsi e lo fanno male e senza reale intenzione di pentimento. Per queste persone andrebbe negata la confessione finché non comprendo il suo reale significato, pertanto è bene che i fedeli pensino bene ai propri peccati prima di confessarsi e solo dopo aver maturato un sincero pentimento si presentino al confessore. Per contro i confessori devono evitare di concedere il perdono con leggerezza, solo per sbrigarsi, ma devono attenzionare e seguire ogni singolo caso per discernere la giusta decisione.
Stefano Didio