Arriva anche in Italia la prima richiesta di utilizzo dei trattamenti ormonali sui bambini affetti dal Gender identity disorder (Gid), conosciuto anche con il nome di “disforia di genere”. A chiedere il via libera alla Regione Toscana è l’ospedale Careggi di Firenze. Il primario del reparto di Medicina della sessualità, Mario Maggio, ha dichiarato al Corriere Fiorentino: «Ci sono farmaci che bloccano la pubertà precoce e abbiamo chiesto di estenderli anche sulla pubertà inadeguata». Per Maggio bisogna «indirizzare la pubertà verso il sesso che veramente sente il paziente».
GIRARE IL COLTELLO NELLA PIAGA. La Tavistock, la clinica inglese che fa scuola bloccando lo sviluppo dei bambini “confusi”, sostiene che in questo modo si dà tempo ai pazienti per “pensare” cosa vogliano essere. «Invece non si fa che inchiodarli alla loro problematica anziché aiutarli a uscirne. È il contrario di quello che dovrebbe fare un dottore», dichiara a tempi.it il medico Chiara Atzori, autrice di Il binario indifferente; uomo e donna o Glbtq.
Secondo Maggio, frenando lo sviluppo prima della pubertà, si eviterà l’operazione da adulti. «Non è così – risponde Atzori -, purtroppo molti si sono operati. E poi mi domando: “E nel frattempo che faranno con questi bambini?”. Lo stop della crescita non è privo di conseguenze: è noto che lo sviluppo biologico va di pari passo con quello psicologico, fermarlo causa diversi problemi». Sarebbe come lasciare che una ferita si apra sempre di più invece che cercare di curarne le cause. «Lo dice la letteratura, il 95 per cento dei bambini affetti da Gid provengono da situazioni di disagio ambientale. Cosa si pensa di risolvere con un trattamento ormonale quando il problema è psichico? Qui non stiamo parlando di bambini con disturbi dello sviluppo biologico, genetico, cromosomico o anche ormonale. Si capisce che chi appoggia una terapia simile non fa scienza, ma afferma l’ideologia dell’autodeterminazione e il delirio di onnipotenza per cui l’uomo vuole scavalcare i limiti naturali». La scienza parla delle conseguenze? «Uno studio appena pubblicato dalla rivista Pediadrics dice che “è necessaria una maggiore consapevolezza dei benefici di un intervento medico precoce. Effetti psicologici e fisici della soppressione puberale e/o ormonale nei pazienti studiati necessita di ulteriori indagini».
PAZIENTI COME CAVIE. «Il problema di tanta confusione – continua Atzori – è dell’Apa (American psichiatryc association). Ormai si sostiene che è normale scegliere un sesso diverso da quello biologico, così la maggioranza degli psicoterapeuti non aiuta più i pazienti in un processo di cura che coinvolga lui e l’ambiente che lo circonda. Anziché sostenerli nella scoperta e fioritura di sé e della propria natura come data, in un processo in questi casi più faticoso, li si asseconda nella loro confusione. È come mettere la coda a una persona che crede di essere un gatto, non si risolve proprio nulla. Anzi, si peggiorano le cose».
Atzori fa l’esempio di un bambino che, per varie problematiche infantili, si finge una bambina: «Viene assecondato, poi magari si opera per essere una femmina. Da grande si innamora di un uomo, presto si troverà di fronte alla dura realtà di essere sterile. Sto citando casi reali. Queste persone vanno incontro a una disillusione disperante. Eppure chi vuole aiutarli affinché la loro mente si riconnetta con ciò che sono può essere accusato di violenza». È tutto girato al rovescio: «Io lo chiamo delirio collettivo. In cui chi è in difficoltà anziché essere aiutato è lasciato nel suo disagio. Tutto in nome della libertà e del quieto vivere di medici e adulti che non vogliono mettersi in discussione».
@frigeriobenedet
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