Gli apostoli chiedono di aumentare la quantità della loro fede: “Accresci in noi la fede”. Gesù invece
sposta il problema dalla quantità alla qualità della fede stessa. Infatti dice: “Se aveste fede quanto un
granellino di senape …”. Il granello di senape, lo sappiamo, è un seme piccolissimo, appena visibile agli
occhi. Dunque non è questione di aver chili di fede in più ma di averla più buona. Meglio bere un
solo bicchiere di vino di alta qualità che scolarsi una bottiglia intera di vino scadente. Una fede di
qualità dunque, ma anche una fede forte e resistente. Capace di sopravvivere anche nei momenti
difficili della vita. Com’è capitato a san Paolo che mantiene intatta la sua fede anche quando si trova
in carcere proprio a causa della fede stessa. San Paolo, infatti, si trova in carcere perché cristiano. E
dal carcere scrive al discepolo Timoteo: “Resisti anche tu! Resisti anche se devi soffrire a causa del
Vangelo”.
O com’è capitato al profeta Abacuc, qualche secolo prima. Il profeta Abacuc vive l’esperienza che
sovente viviamo anche noi. Si guarda attorno e vede che tutto va male. In giro c’è ingiustizia, c’è
oppressione, c’è violenza, ci sono litigi, contese, c’è comportamento immorale. Allora gli viene
spontaneo dire: “Ma Signore perché non intervieni, perché lasci trionfare il male, perché non metti le cose a
posto?”. Succede anche a noi. È facile credere quando tutto va bene, quando c’è la salute, quando non
ci sono grossi problemi, quando nessuna disgrazia attraversa la nostra vita, quella dei nostri familiari
o dei nostri amici. Ben più difficile è credere veramente quando il male, il dolore, la sofferenza ci
toccano da vicino o in prima persona. Molto più difficile credere quando i tempi si fanno difficili e i
giorni diventano “cattivi”, secondo l’espressione usata da Enzo Bianchi. Forse ci ha sfiorato tutti
quanti quel pensiero che possiamo formulare così: “Se Dio esistesse veramente non lascerebbe che le cose
nel mondo vadano così male, che i malvagi trionfino e che tanti innocenti soffrano!”. Molto più difficile poi è
credere quando tutto il contesto va contro la fede e i suoi contenuti. Come la società di oggi. Ad
esempio i giovani oggi fanno molta più fatica a credere perché nulla li aiuta, anzi tutto sembra remare
contro la fede.
Però, se la nostra fede è di qualità, potremmo dire di “buona stoffa”, allora supera anche questi
momenti difficili e non viene meno. Si realizza così quell’espressione che conclude il testo di Abacuc:
“Il giusto vivrà per la sua fede”. Espressione famosissima perché ripresa da san Paolo e riscoperta
all’inizio del 1500 da Martin Lutero che in essa ha trovato la soluzione agli interrogativi che lo
angosciavano e che proprio di lì è partito per costruire la sua teologia. Attenzione però: non
proiettiamo questa frase solo sul futuro, solo sulla vita eterna. Teniamola ben legata a questo mondo e
a questa storia. Dire che “il giusto vivrà per la sua fede” significa dire che la fede aiuta a vivere, a vivere
bene, sia quando le cose tutto sommato vanno bene, sia quando vanno male, sia quando l’ambiente
esterno non aiuta a credere. Perché la fede non è qualcosa che si aggiunge dall’esterno alla nostra vita,
qualcosa in più rispetto a tutto il resto. La fede, cioè la fiducia in Dio, l’amicizia con lui, perché questo
vuol dire “aver fede”, è parte integrante della vita, si mischia a tutto quello che viviamo e che facciamo. Per essere più chiari. Non è che uno va a scuola, lavora, si diverte, dorme, mangia e poi ha
anche fede. È anche credente! No, al contrario: uno va a scuola, lavora, intrattiene rapporti con gli
altri, si diverte, fa tutto quello che deve fare e lo fa come uomo di fede. La fede diventa cioè l’anima
della vita.
Raccontiamo qualcosa di Chiara Badano, una giovane originaria di Sassello in
provincia di Savona, appartenente al movimento di Focolarini, morta non ancora diciannovenne a
causa di un tumore. Certo Chiara è stata anche eroica nell’affrontare la terribile malattia e per questo
è oggi riconosciuta “beata”, ma prima ancora ha vissuto animata dalla fede tutto il resto della sua
vita. Tant’è che i primi sintomi del male li ha percepiti mentre giocava a tennis, come tanti altri
giovani di questo mondo. Mons. Angelo Amato nell’omelia della liturgia di beatificazione ha
ricordato alcuni episodi semplici e quotidiani della sua vita in quel di Sassello, episodi densi di una
radicalità evangelica sorprendente. Fra quelle dette una cosa soprattutto mi ha colpito: la
testimonianza offerta da Chiara al bar, con gli amici, perché – sono parole di Chiara stessa – “non conta
tanto parlare di Dio. Io lo devo dare con la vita”. Solo una vita animata dalla fede può dare ovunque, in
qualunque ambiente, senza particolari gesti, una testimonianza di Dio.
È chiaro che una fede così non la si trova magicamente, per caso, senza impegnarsi. Una fede così,
una fede di qualità, va curata, accudita, sostenuta, nutrita. Fin quando si è vivi. E proprio
mentre si beatificava Chiara Badano, è morto don Andrea Gasparino, fondatore della “Città dei
ragazzi” di Cuneo, oggi “Centro Missionario padre de Foucauld”. Aveva 83 anni. Nel tracciarne un breve
profilo, colui che sarà il suo successore, ha detto: “Fino all’ultimo padre
Andrea ha cercato di crescere nella preghiera e nell’amore verso Dio”. Fino all’ultimo, anche se aveva 83
anni, anche se era una santo vivente ha lottato e come san Paolo ha potuto esclamare : Ho combattuto la buona battaglia ho conservato la mia fede. .