La Quaresima è il tempo penitenziale per eccellenza, in cui siamo invitati alla preghiera, al digiuno e alla rinuncia. Ecco allora la proposta di un vescovo americano a digiunare da un’abitudine malsana, purtroppo assai diffusa.
C’è un vizio sottovalutato sul quale ci si sofferma assai meno di quanto meriterebbe. Lo mette in evidenza il «vescovo di internet» Mons. Barron.
All’indomani del mercoledì delle Ceneri, giornata penitenziale per eccellenza, il vescovo americano Robert Barron ha voluto lanciare una provocazione sul suo canale YouTube: durante questa Quaresima, invece di rinunciare ai dolci o al fumo, perché non praticare un digiuno alternativo. Quale?
Il veleno di quel vizio diffuso oggi
«Il gossip è veleno!», tuona mons. Barron. Un san Benedetto, da profondo conoscitore del cuore umano, sapeva bene che poche cose distruggono l’armonia di un monastero come la mormorazione.
Ecco la proposta di Mons. Barron: rinunciare al gossip. Se c’è un vizio sottostimato, questo è proprio il pettegolezzo. Un vizio, oggi alimentato da una vera e propria industria del gossip, che invade soprattutto i social, dove per un nonnulla si radunano circoletti di spettegolatori seriali alacremente impegnati a screditare l’altrui reputazione speculando su ogni genere di retroscena.
Sulla scia della Regola di san Benedetto, ricorda il vescovo americano, il monaco belga Gregory de Wit, autore di una serie di meravigliosi affreschi nell’Abbazia benedettina di Los Angeles, ha pensato di aggiungere un ulteriore vizio ai tradizionali sette peccati capitali: la mormorazione. Il monaco-pittore benedettino ha pensato di contrapporre le otto beatitudini evangeliche – che avvicinano a Dio – ai peccati capitali – che allontanano da Dio – che però sono sette. Per arrivare a otto peccati dom Gregory significativamente ha aggiunto la mormorazione, come a sottolineare la gravità di questo peccato (non a caso fustigato a più riprese da san Benedetto).
Come ha scritto san Josemaría Escrivá de Balaguer: «La mormorazione è rogna che insudicia e ostacola l’apostolato. — È contraria alla carità, sottrae energie, toglie la pace e fa perdere l’unione con Dio». E a tal riguardo chi poi dirsi innocente?
Nuoce gravemente alla salute spirituale (e non solo)
Ma il gossip non è nocivo solo per la vita contemplativa. Spettegolare equivale a mettere in circolo un veleno disgregatore capace di disarticolare qualunque comunità umana. Non solo i monasteri, anche ogni genere di comunità naturale: famiglia, scuola, lavoro, parrocchia, ecc.
A titolo d’esempio Barron cita il caso della politica di «tolleranza zero» contro il gossip adottata da Dave Ramsey, importante consulente aziendale statunitense vittima di mobbing «ascendente». Non c’è infatti solo il mobbing «in discesa», cioè quello che cala dall’alto: dai vertici dell’azienda sui malcapitati lavoratori. C’è anche, oltre al mobbing orizzontale (quello tra colleghi), anche un mobbing «in salita» che si attiva quando i dipendenti si coalizzano contro il proprio datore di lavoro, o più spesso, contro il proprio superiore gerarchico. Più raro, ma esiste e non è meno dannoso per la persona alla quale è diretto, oltre che per l’azienda.
Il vescovo americano ricorda la veemenza con cui papa Francesco si è in più occasioni scagliato contro il chiacchiericcio, ovvero contro l’uso maligno della parola, impiegata per fare il male (male-dire, non bene-dire). Ad esempio, nell’Angelus del 6 settembre 2020 il Papa diceva che «il chiacchiericcio è una peste più brutta del Covid».Infatti «il grande chiacchierone è il diavolo, che sempre va dicendo le cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fratelli e non fare comunità».
Spettegolare è il contrario della correzione fraterna
E non solo: il chiacchiericcio è la negazione della correzione fraterna, nulla ha a che vedere con quella specie di elemosina spirituale attraverso la quale si cerca di recuperare il peccatore al rapporto con Dio e coi suoi fratelli in umanità. Mentre invece, insiste Francesco, «le chiacchiere chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della Chiesa».
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Questo vuol dire rinunciare a ogni spirito critico? Significa non denunciare i problemi? Per niente, dice Barron. Ma la critica deve essere costruttiva, non distruttiva. Essere critici è edificante quando siamo disposti a metterci del nostro per aiutare la persona che abbiamo criticato a risolvere il problema che abbiamo identificato. Con questa disposizione d’animo si può essere critici in comunione col prossimo, si può essere uniti anche criticando.
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In sostanza: per essere critici bisogna essere partecipi, cioè prendere parte a qualcosa. Senza una comune appartenenza la critica scade nel gossip: un’arma di offesa per massacrare verbalmente il prossimo in buona coscienza. Criticarlo ci fa piacere perché ci fa sentire superiori. Come fa abitualmente il «partito devoto» oggetto degli strali di Charles Péguy, secondo l’espressione con cui il grande scrittore francese indicava l’atteggiamento bigotto per eccellenza: quello praticato da chi crede di elevarsi abbassando il prossimo. Così il gossip si rivela per quel che è: una specie di droga psicologica che ci fa sperimentare uno piacevole sensazione di «benessere» interiore. Ma è un inganno: sentirsi «brave persone» a spese del prossimo non significa essere più vicini a Dio. Anzi, è l’esatto opposto: il gossiparo perbenista decisamente non si trova sulla retta vita.
Quando la critica è diabolica
La critica senza comunione è un’opera del diavolo. Che infatti, ci ricorda Bannon, vuol dire «divisore» o «accusatore». Avere sempre il colpo in canna è diabolico. Se non siamo disposti a spenderci, a impegnarci in prima persona, allora facciamo solo dello sterile polemismo.
Il digiuno, la penitenza, ogni mortificazione serve essenzialmente a una cosa: ad alleggerirci dal peccato. In breve, a liberarci dai vizi che ci asserviscono limitando la nostra capacità di amare, vale a dire di saperci fare veicolo dell’amore di Dio. Svuotare il nostro ego per far spazio alla carità. Il gossip, al contrario, svuota la nostra anima dalla carità per far spazio al nostro ego e, di conseguenza, a un bel carico di peccati. E oltretutto non appesantisce soltanto la nostra anima: carica anche un pesante fardello sulle spalle della vittima di pettegolezzi.
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Per cui vale la pena raccogliere la provocazione, o meglio il suggerimento amichevole del vescovo Barron: mormoratori di tutti il mondo, disunitevi! Per i quaranta giorni della Quaresima digiuniamo dal gossip, teniamo a freno la lingua.