San Filippo Neri, di cui quest’anno ricorrono i 400 anni dalla canonizzazione, è un Santo da sempre molto venerato. Cosa mangiava, quali erano i suoi gusti in campo alimentare e quale cibo gli viene dedicato?
Di San Filippo Neri, chiamato l’Apostolo di Roma, il Pippo buono, si conoscono tanti aspetti: la sua fede, il suo fervore mistico, la sua attitudine al buonumore.
“Scrupoli e malinconia lontano da casa mia” è una sua celebre frase. Lo caratterizzava una tendenza al buonumore e all’allegria che era vera e profonda perché veniva da un rapporto strettissimo con Gesù, tanto che viene definito il Santo della gioia.
A questa si accostava, e non ne era slegata, la forte considerazione della vanità di questa vita. Affermava infatti “Gesù mio, amore mio, tutto il mondo è vanità”, e “alla sera della vita l’amor solo conterà”.
Tutto questo avendo la morte sempre ben presente come passaggio sicuro: “vita breve morte certa, del morire l’ora è incerta” sono le sue parole.
Si sa molto della sua grande umiltà, di come “preferisse il Paradiso“ agli onori terreni, come disse lui stesso quando gli venne offerta la porpora cardinalizia.
Le ore che passava a confessare, la creazione dell’Oratorio, il suo cuore dilatato fisicamente per quanto una straordinaria effusione di Spirito Santo lo aveva infiammato d’amore, sono tutti fatti abbastanza conosciuti di questa figura così grande di uomo e di santo.
Ma passando ad un aspetto più materiale e pratico della vita: cosa mangiava San Filippo, quale era il suo stile alimentare?
Non sono molte le informazioni che ci arrivano su questo punto, ma quel che appare certo è che portava avanti un regime alimentare molto sobrio e semplice, povero, basilare.
Si racconta che quando era giovane, e per diversi anni, il cibo che mangiava quasi quotidianamente fosse prevalentemente pane e olive.
Faceva il precettore presso la casa del doganiere Galeotto Del Caccia, era intorno al 1534, e gli veniva fornita della farina che lui portava dal fornaio e faceva trasformare in pane, che poi mangiava solitamente presso il pozzo della casa accompagnandolo alle olive.
Un cibo essenziale, un condimento semplicissimo, e anche negli anni a venire sembra che la sua alimentazione fosse improntata ad una grande sobrietà.
Si narra che facesse pasti veloci, che mangiasse poco, con prevalenza di verdure e pochissima carne, che all’epoca rappresentava un lusso, a cui si rinunciava sia per motivi economici che per la ricerca di una moderazione interiore che passava anche attraverso il cibo.
Era l’epoca in cui vigevano le regole dei lunghi periodi della cucina di magro, e anche uova e latticini rientravano nella categoria dei cibi ritenuti espressione di lusso e quindi esclusi o da mangiare con estrema parsimonia.
Anche San Filippo viveva e praticava questo stile, che alla rinuncia e alla mortificazione riservava un ruolo importante, tanto che anche il vino sembra che usasse berlo annacquato e in piccole quantità.
C’è un piatto che gli viene dedicato e trae spunto da una canzone che lui probabilmente cantava insieme ad alcuni suoi amici frati domenicani che frequentava.
La canzone recitava: “A mensa i suoi son cibi grossi, come dir uova e cacio, erbette e zucche. Erbette e zucche, talvolta frutto” evocando il cibo che veniva mangiato nelle comunità monastiche.
Gli vengono dedicate così le polpette con cacio e uova, un piatto di cucina povera e quotidiana, fatto con ingredienti semplici e nutrienti che danno gioia al palato e forza al corpo.
Ecco come realizzare questo semplicissimo piatto che è anche tipico della cucina laziale e di tutto il centro Italia. Le dosi sono per 4 persone.
Ingredienti
Procedimento
Per prima cosa bisogna mettere in ammollo la mollica di pane in un po’ di latte. Nel frattempo che il pane si ammorbidisce tritare finemente aglio e prezzemolo insieme.
Poi, sbattere le uova, salare e pepare. Aggiungere il cacio grattugiato e il trito di aglio e prezzemolo.
Mescolare per amalgamare bene il tutto e poi versare la mollica dopo averla strizzata.
Ricavare le polpette con le mani oppure aiutandosi con due cucchiai e friggerle in olio caldo. Adagiare le polpette via via che sono pronte su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.
Ed ecco che sono pronte, buonissime da mangiare calde, accompagnate da un bicchiere di vino, per assaporare tutta la semplicità che caratterizza questo piatto e ricordare i gusti di San Filippo.
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