In questi giorni le proteste americane contro il razzismo stanno degenerando in atteggiamenti che più che politici sembrano essere connotati da una triste ideologia basata sul pregiudizio.
Già da anni ormai assistiamo all’accanimento contro le figure di illustri personalità della nostra storia, che nel bene o nel male hanno contribuito a definire chi siamo oggi. La memoria serve a riflettere sul cammino intrapreso dell’umanità, affinché questo possa orientarsi sempre più verso il bene, il giusto, il bello. Possibilmente anche il vero.
In questi giorni abbiamo visto in numerose occasioni soggetti delle proteste di piazza, scaturite dalla morte dell’afroamericano George Floyd, abbattere statue di soggetti che hanno fatto la storia.
Tra le ultime, si ricorda quella di Cristoforo Colombo a Minneapolis. E sappiamo bene che senza Colombo, la storia sarebbe stata certamente diversa. E l’America, gli Stati Uniti, l’Occidente, il pianeta, certamente non sarebbero quello che sono invece oggi.
Prima di lui, abbiamo visto abbattere la statua di Edward Colston, filantropo britannico del diciassettesimo secolo accusato di razzismo quando in realtà era semplicemente un uomo inserito nella sua epoca.
Poi abbiamo visto sbeffeggiare e imbrattare la statua di Winston Churchill, primo ministro del Regno Unito durante la seconda guerra mondiale, senza del quale il nazismo non sarebbe stato sconfitto, e Hitler avrebbe forse vinto la guerra.
Insomma, nel divampare della protesta anche uomini che hanno segnato la storia della libertà e della democrazia possono essere colpiti senza ritegno. La statua di Colombo è stata abbattuta a Minneapolis, davanti al campidoglio, decapitata a Boston, in Massachusetts, divelta e gettata nel lago a Richmond, in Virginia. Nel complesso, i tentativi di rimuovere le effigi di vari soggetti sono stati numerosi.
A Oxford i manifestanti hanno preso di mira Cecil Rhodes, un politico colonizzatore attivo in Sudafrica nel XIX secolo. Ma la presa d’atto è che nel Regno Unito, seguendo questo ragionamento, i possibili bersagli sarebbero potenzialmente tanti. La maggior parte delle statue presenti nel paese, hanno un passato in qualche modo legato all’impero britannico.
In Italia, il movimento pro-Lgbt dei Sentinelli di Milano si è scagliato contro la statua di Indro Montanelli, posta nei Giardini a lui intitolati. Montanelli rivendicò di avere comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni durante l’aggressione del regime fascista all’Etiopia.
Ma quella di abbattere la statua di Montanelli, per il giornalista del Corriere della Sera Beppe Severgnini, “sarebbe assurdo, offensivo e controproducente”.
“Montanelli è un vanto di Milano, la città che amava e per la quale ha versato — letteralmente — il sangue (l’attentato delle Brigate Rosse nel 1977, cui seguì il perdono degli attentatori)”, spiega il giornalista.
“L’uomo e il professionista non meritano un affronto del genere; e non lo meritano Milano, l’Italia e gli italiani, già provati da mesi drammatici. Abbattere la statua di un dittatore può essere un gesto liberatorio; rimuovere la statua di un giornalista libero puzza di fanatismo”.
La storia, spiega Severgini, è in realtà ben più complessa, e riguarda le tradizioni abissine dell’epoca. La ragazzina, raccontava Montanelli, che lo seguì e lo trovò incredibilmente in ogni parte del territorio, alla fine divenne sposa di un attendente abissino, fece tre figli e il primo lo chiamò Indro.
“Quella vicenda — non esemplare, certo — non rappresenta l’uomo, il giornalista, le cose in cui ha creduto e per cui s’è battuto. Se un episodio isolato fosse sufficiente per squalificare una vita, non resterebbe in piedi una sola statua”, dice il giornalista.
Per il quale “se il sindaco Beppe Sala, l’amministrazione comunale di Milano e il partito Democratico accettassero di rimuovere quella statua, per distrazione, per conformismo, per ignavia, regalerebbero molti moderati alla destra estrema, che li aspetta a braccia aperte”.
Giovanni Bernardi
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