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Raduni e manifestazioni. Il coronavirus è ko, o ci aspettano nuovi focolai?

In molti Paesi ci sono stati raduni e manifestazioni di massa, motivati dalle cause più diverse tra loro. Stati Uniti, Hong Kong, Olanda, Gran Bretagna, Italia.

People take part in a “reopen” Pennsylvania demonstration on April 20, 2020 in Harrisburg, Pennsylvania (Photo by Nicholas Kamm / AFP) (Photo by NICHOLAS KAMM/AFP via Getty Images)

Manifestazioni arrivate però proprio nel mezzo della fine di un periodo in cui le persone sono state rinchiuse in casa per mesi, con una quarantena che ha fatto perdere molti posti di lavoro, fatto fallire molte aziende e mandato in crisi tante altre.

Gli assembramenti pubblici che fanno preoccupare

E dove ora sono chiamati a rispettare regole numerose legate a precauzioni sanitarie, distanziamento sociale, ingressi contingentati, guanti, mascherine, uso degli igienizzanti.

Regole a volte consigliate, altre volte imposte. Gli assembramenti perciò, prima vietati e ora ampiamente praticati in queste manifestazioni di piazza, risultano con evidenza, secondo i criteri scientifici degli epidemiologi, fortemente pericolosi.

Tutti in piazza per le manifestazioni. E il coronavirus ci sguazza

Di sicuro, dal punto di vista sanitario, in quei raduni non c’è evidentemente niente. Non parliamo del merito e delle motivazioni delle proteste, visto tra l’altro che abbiamo visto scendere in piazza tutti e il contrario di tutto.

Dall’estrema sinistra all’estrema destra, dai commercianti a chi rivendica i diritti dei neri fino ai partiti politici o ai movimenti di protesta. Così, evidentemente molti si chiedono se questi improvvisi ed imprevisti assembramenti potranno provocare nuove ricadute dal punto di vista del contagio da coronavirus.

Difficile pensare che se il virus ci sia ancora, non sia circolato

Difficile pensare che se esiste un rischio di circolazione del virus, questo non si sia diffuso durante le manifestazioni. Delle due l’una: o il virus ha smesso di circolare, come affermato dai prof. Zangrillo, Tarro, De Donno, che quindi, nonostante i ripetuti attacchi nei loro confronti, hanno innegabilmente e ampiamente ragione.

Oppure dobbiamo solo attendere qualche giorno per assistere a una nuova ricaduta collettiva, con nuovi focolai sparsi da ogni parte del paese.

Le manifestazioni negli Stati Uniti che preoccupano

In particolare negli Stati Uniti, le proteste sono state veramente numerose e molto partecipate. E continuano da giorni, in un paese dove l’epidemia non è affatto che terminata. Alcuni studiosi hanno deciso perciò di fare un calcolo approssimativo di quello che, ipoteticamente, potrebbero provocare.

Il virologo del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle Trevor Bedford su Twitter ha individuato uno dei primi effetti. A Gangelt, in Germania, il virologo ha spiegato che tra quanti hanno partecipano al carnevale si è avuto un aumento di 2,5 volte il tasso di infezione.

Raduni e manifestazioni. Si pensa al rischio di nuovi grandi focolai

Se è vero che i manifestanti indossavano le mascherine per protestare all’aperto, gridare a stare tutti ammassati uno vicino all’altro sicuramente mettono a rischio di contagio la popolazione. Aumentando in maniera esponenziale la possibilità di trasmettersi il virus.

L’ipotesi dell’esperto riporta un dato che parte dai ventimila casi confermati al giorno negli Usa, con circa un milione e cinquecentomila infetti totali. Corrispondenti a una percentuale di popolazione dello 0,5%.

Fare una stima dei nuovi contagi non è facile

Fare una stima del numero di persone che hanno manifestato in questi giorni non è facile, ma le ipotesi parlano di seicentomila persone al giorno in tutto il Paese. Confrontati a una prevalenza di popolazione dello 0,5% di infetti, si parla di tremila individui infetti che ogni giorno partecipano alle proteste.

Con un tassi di trasmissibilità a Ro=1, ci saranno tremila infezioni al giorno per via delle proteste, colpendo in prevalenze individui sani e giovani. Visto che il numero Rt negli Usa si aggira al momento intorno ad uno, le tremila infezioni ne porterebbero altre tremila nel resto della comunità.

La preoccupazione è alta. Quanti nuovi decessi causeranno?

Che in base alla letalità stimata del virus, stimata tra lo 0,5% e l’1%, indicherebbe tra i 15 e i 30 nuovi decessi. Ma se si considera che alcune catene di trasmissione arrivano al terzo passaggio e oltre, si parla di cinquantamila infezioni in più e un numero di decessi che va da circa 270 a 540, secondo il calcolo.

Con seimila infezioni al giorno, quindi con una trasmissione più alta della prima ipotesi, si parlerebbe di 108mila contagi secondari e 540-1.080 morti in più. “La mia ipotesi migliore è che ogni giorno di proteste che coinvolgono 600mila persone comporteranno tra i 200 e i 1.100 decessi in più”, afferma lo studioso.

Le proteste per la morte di George Floyd. Porteranno nuove morti?

Un comportamento contraddittorio, se si pensa alle proteste nate dalla morte dell’afroamericano George Floyd, che rischierebbe di provocarne altre migliaia solo per noncuranza. Forse sarebbe stato più coscienzioso protestare sui canali di comunicazione, evitando il rischio di contagio in un Paese già fortemente provato.

Casi precedenti all’attuale, nella storia, esistono. Il medico e professore di Scienze sociali e naturali all’università americana di Yale Nicholas A. Christakis ha poi ricordato che durante la Spagnola del 1918, quando il 28 settembre ci fu la Philadelphia Liberty Loans Parade a favore della Prima Guerra Mondiale con oltre 200mila persone, portò a uno dei maggiori focolai di influenza negli Stati Uniti.

La parata più mortale della storia americana”, venne definita. “Entro il 3 ottobre 1918, lo scoppio dell’influenza spagnola a Filadelfia era diventato così grave che la città dovette essenzialmente essere totalmente chiusa e alla fine ebbe molti più morti rispetto ad altre città”, scrive Christakis.

Giovanni Bernardi

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