Da giorni si fa un gran parlare di Malika, ragazza di 22 anni allontanata dai genitori perché omosessuale ma qualcosa non è stato detto.
La storia è di fatto molto triste e cruenta, su questo non si discute. Tuttavia, c’è un particolare che è stato deliberatamente omesso dai media. E di non poco conto che rivela, purtroppo, come anche questa volta si rischi di imbastire l’ennesimo circo mediatico in maniera purtroppo del tutto strumentale e ideologica.
La vicenda della giovane, molto dolorosa come è inevitabile che sia quando ci sono in mezzo affetti familiari, che andrebbero trattati con molta più delicatezza invece che sparpagliati in mano all’opinione pubblica nazionale solamente perché c’è qualcuno a cui fa comodo, insomma per battaglie ideologiche, è finita da giorni su tutti i media.
La ragazza di Castelfiorentino, in Toscana, è stata insultata, cacciata di casa, minacciata di morte in quanto lesbica e innamorata di un’altra donna. Le parole della famiglia nei suoi confronti fanno effettivamente rabbrividire. Espressioni come “Ti taglio la gola” non si dovrebbero mai sentire all’interno di una famiglia, nemmeno nella più grave delle situazioni. Questo lo sanno tutti, o almeno dovrebbero, per chi è cresciuto in una cultura come quella in cui siamo cresciuti almeno in questo Paese.
Non sempre è così, purtroppo, e questo caso ne è la conferma. I genitori, dopo questa cruda violenza nei suoi confronti, pare che abbiamo persino cambiato la serratura dell’abitazione, per impedirle di rientrare a casa, o almeno così è stato detto. Un altro passaggio della vicenda raccontata sui media ci mostra che nel momento in cui la giovane si è presentata all’abitazione per riavere i suoi vestiti, la madre ha risposto così agli agenti: “Io non so chi sia questa persona”.
Tuttavia, c’è un particolare che è stato deliberatamente omesso dai media. Dopo infatti che c’è persino chi, come gli influencers Fedez e altri da giorni stanno imbastendo una campagna assurdamente ideologica a favore del Ddl Zan, ormai messo in discussione anche da ampia parte del mondo femminista e persino da associazioni omosessuali, quindi sbagliano in questo caso clamorosamente il tiro, hanno tirato in ballo persino fantomatiche associazioni cattoliche, si è scoperto in realtà che la famiglia della giovane è di origine e cultura islamica.
Bastava leggere il nome, per capirlo, ma evidentemente molti hanno una certa carenza rispetto alle dinamiche delle culture del mondo, nonostante ci si reputi così aperti agli altri si conoscono solo le proprie ideologie figlie delle tristi derive culturali che stiamo vivendo, e poco altro.
I primi a mettere in chiaro questo dettaglio non di poco conto sono stati i giornalisti della testata Feministpost, una testata femminista che ha indicato chiaramente come questo particolare sia stato “deliberatamente omesso dai media, ovvero che il padre di Malika è di cultura musulmana”.
Per quale ragione, ci si chiede. Forse perché faceva comodo magari utilizzare questa vicenda per dare contro ai cattolici brutti e cattivi, per esempio contrari al Ddl Zan. Questa storia, come molte altre, faceva probabilmente molto comodo al martellamento a reti unificate a favore della propaganda gender obbligatoria nelle scuole, alla censura della libertà di espressione persino nelle chiese e negli oratori.
La realtà, però, non sempre risponde alla propria ideologia, e allora queste ideologiche schiere del politicamente corretto si sono accorti di avere preso un bel granchio. In ogni caso, è evidente che tale violenza non ha nulla a che fare con l’atteggiamento di un cristiano, perlomeno osservante, perché di degenerazioni ovviamente ce ne sono ovunque, e ci mancherebbe. Se tutti i cristiani rispettassero a menadito gli insegnamenti del Vangelo staremmo sicuramente in una condizione ben diversa da quella in cui siamo, e non parleremo di certo di tali tristi vicende.
Questa cultura del controllo, del possesso, del dominio sulla propria famiglia e sui propri figli, non riguarda di certo i cristiani, almeno per come si vive oggi. Probabilmente in passato anche per la nostra cultura esisteva una mentalità simile, ma non c’entra proprio nulla con la propria fede, ma di certo con le abitudini e i costumi sociali della popolazione, due cose ben diverse tra loro. Come dire che al tempo di Gesù fosse Lui stesso colpevole delle usanze e delle pratiche diffuse tra gli ebrei di quell’epoca. Religione e cultura sociale sono due cose piuttosto distinte.
Nel profilo social del padre di Malika, Aberrazak, di origine marocchina, si vede una foto con tutta la famiglia velata. La madre è italiana, e la sua reazione è stata purtroppo molto violenta. Ancora di più dure, e dolorose, sono però le parole del fratello, Samir: “ti taglio la gola”, “sei una tumorata lesbica”.
“Oggi è abbastanza difficile che un ragazzo sui vent’anni reagisca in questo modo alla notizia che sua sorella è omosessuale”, scrive Feminist Post. “Può rimanerci male, restare perfettamente indifferente oppure solidarizzare con lei. Quel tipo di reazione parla di una cultura del controllo, del possesso e del dominio che oggi dalle nostre parti, tra fratelli e sorelle, è del tutto inusuale (nel passato non lo è stata). Quindi di un atteggiamento robustamente patriarcale, che attiene al dovere di salvare l’onore della famiglia, trasmesso in chiave patrilineare e garantito dalle donne di casa costrette alla trasmissione dei “valori” e all’autosessismo genealogico”.
Tuttavia, spiega il giornale, queste sono ipotesi, ma in tutto ciò c’è solo una certezza. “Malika è stata trattata in modo orribile; i media hanno deliberatamente scelto di non parlare delle origini della famiglia. Una scelta ideologica che somiglia molto al silenzio sugli stupri “etnici” nel Nordeuropa: la stessa polizia svedese ha ammesso che per lungo tempo aveva taciuto sulle violenze sessuali a opera di giovani immigrati per non offrire argomenti alla destra xenofoba. Anche in questo caso si ritiene più opportuno e più corretto puntare l’obiettivo su un’omofobia generalizzata che sulla cultura del dominio patriarcale”.
Continua il giornale femminista: “La storia di Malika, che si è giustamente ribellata, potrebbe forse somigliare più di quanto appaia a quella della pakistana-bresciana Hina Saleem, uccisa dal padre con l’aiuto di parenti perché aveva un fidanzato italiano e voleva vivere come tutte le sue amiche: 12 anni dopo la sua morte il fratello Suleman ha rimosso la foto dalla sua tomba al cimitero perché in quella immagine appariva “troppo spogliata”. Potrebbe, dico: ma l‘ipotesi va messa in conto. E non può essere messa in conto se, contro ogni deontologia, i media nascondono parte delle notizie, potremmo anche dire le censurano per non andare a cercare guai e non apparire culturalmente scorretti”.
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Insomma, è giusto che si trattino notizie delicate e dolorose come questa in maniera del tutto ideologica, dando in pasto all’opinione pubblica solo ciò che interessa, e quindi l’accento sull’omofobia da collegare al Ddl Zan, e si nasconda deliberatamente tutto il resto, evitando di fare comprendere la realtà del fatto di cui si sta parlando? Perché in quel caso non si tratta di informazione, ma di pura narrazione. Una sorta di cinema di cui abbiamo bisogno e che certamente non interessa a nessuno.
Non bastasse, al seguito di tutto il trambusto mediatico, che continua, arriva l’ultimo colpo di scena. Al giornale La Nazione il fratello di Malika ha rilasciato un’intervista in cui racconta una versione molto diversa dei fatti. Che cioè la giovane non starebbe dicendo tutta la verità. Primo: non sono stati i genitori a cacciarla ma lei ad andarsene. Secondo: il giovane si sarebbe offerto di ospitarla ad Alessandria, città dove vive e lavora, ma lei avrebbe rifiutato.
Per quale ragione, ci si chiede. Semplice: poter continuare a cavalcare il caso mediatico, in particolare per la cifra di 101mila euro che sarebbero stati raccolti in favore della giovane in seguito agli appelli delle star del web a suo favore, e i servizi di innumerevoli trasmissioni televisive.
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“Sono cose che non ridirei mai”, ha detto il fratello, commentando le truci parole dette nei suoi confronti. “Mia sorella, però, non racconta tutta la verità. Perché non fa sentire anche gli altri messaggi vocali, quelli in cui i nostri genitori le dicono di tornare a casa? Perché non dice che l’avrei accolta da me ad Alessandria?”.
Insomma, la sua versione è un’altra. “I miei non l’hanno cacciata di casa. E’ lei che se n’è andata”. Il motivo per cui i genitori non le hanno restituito i suoi effetti personali, a detta del fratello, è perché volevano che continuasse a vivere con loro. “Le ho detto di venire a stare da me”, conclude il fratello. “Da due anni abito da solo ad Alessandria, dove lavoro. Lei però ha rifiutato dicendo che il suo posto era a Castelfiorentino. Ho detto ai miei di stare tranquilli, di riflettere. Poi Malika li ha denunciati ai carabinieri. Questo è stato davvero troppo. Non se lo meritavano. Non ce l’ho con lei perché è lesbica, ma perché ha voluto fare la bambina. Adesso sta portando avanti tutta questa storia perché di mezzo ci sono i soldi”.
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Insomma, ci si chiede davvero dove stia la verità. Siamo sicuri che il racconto che viene fatto dai media sia sempre in linea con le vicende di cui si parla? Di certo, la verità sta sempre ben lontana dall’ideologia. E viene sempre a galla.
Giovanni Bernardi
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