In mezzo a tutte le atrocità ed il dolore che emergono dalla guerra in Siria ci sono anche esempi di coraggio ed umanità. Uno di questi sicuramente lo ha fornito Rania Salouji, donna cristiana di 40 anni sposata e madre di due figli, che nonostante la possibilità di scappare dall’inferno scoppiato in Siria a causa della guerra civile ha deciso di restare ad Aleppo per contribuire alla ricostruzione della città e del Paese.
Rania ed il marito Grigor raccontano che quando nel 2011 è scoppiata la guerra avevano paura anche ad uscire di casa. Con il passare del tempo, però, la paura è stata affiancata dalla voglia di dare un contributo a tutti quelli che soffrono, così, sebbene siano morte oltre 450.000 persone, la coppia ha deciso di rimanere ad Aleppo finché Dio glielo consentirà.
Durante quei terribili primi giorni di guerra Rania era solita recitare un rosario durante il tragitto che conduceva alla suola dei figli. Nonostante la preghiera l’idea della morte non l’abbandonava, così con la paura nel cuore li vedeva entrare a scuola e li affidava alla protezione della Madonna. Quella terribile sensazione sarebbe potuta svanire quando è stata offerta a lei ed alla sua famiglia la possibilità di andare via dalla Siria, ma di comune accordo con il marito hanno deciso di rimanere: “Abbiamo avvertito di avere una missione da compiere qui, nella nostra città e nel nostro Paese. Per questo siamo rimasti ad Aleppo, affidandoci totalmente a Dio. Certo non è arduo credere, avere fiducia nel Signore quando tutto va bene, ma la fede si affina quando ci si trova a fronteggiare le difficoltà”.
La donna adesso è alla guida di un gruppo di catechesi gestito dai Salesiani. Il centro Salesiano è stato riaperto da poco tempo poiché prima la guerra impediva di svolgere le attività senza correre rischi. Quell’attività la fa sentire importante, in grado di aiutare i bambini che soffrono, ma la sua enorme fede è vacillata quando, poco dopo la fine di una lezione, uno dei bambini che frequentava il suo corso è stato ucciso da una bomba: “Alle volte quando guardo il terreno di fronte al centro, mi sembra ancora di vedere questo ragazzo giocare come nulla fosse”.
Ma le sofferenze erano appena cominciate per Rania che poco dopo quella tragedia ha dovuto affrontare il sequestro del marito, rapito mentre andava a fare delle compere. In quei momenti confessa di avere avuto paura di perderlo, ma che non si è data mai per vinta: “Non so cosa significhi sedersi e aspettare. Al tempo del rapimento di mio marito sentivo di dovermi muovere, agire, lavorare, fare qualcosa. E non volevo mostrare ai miei figli la paura, l’ansia per la sua sorte. Sentivo di dover essere forte anche per loro”. Per fortuna il marito è tornata a casa sano e salvo dopo due mesi di prigionia.
Date le vicissitudini viene da chiedersi se quella di restare sia stata la scelta giusta, ma su questo Rania non ha dubbi e quando le chiedono come fa a resistere a tutto questo lei risponde: “Trovo forza nella preghiera, in special modo nel Rosario. Anche quando mio marito ha perso il lavoro. E anche quando ad Aleppo sono venute meno l’acqua, il cibo, non abbiamo mai perduto quello che conta davvero: la fede nella Divina Provvidenza”.