Con il consueto rigore di analisi, trasparenza e immediato accesso ai dati, la Caritas Italiana ha presentato il 15 settembre il secondo rapporto sulle politiche contro la povertà in Italia.
Come abbiamo già chiarito con una intervista aFrancesco Marsico, responsabile area nazionale della Caritas, oltre che al presidente delle Acli, Gianni Bottalico, i nuovi parametri usati dall’Istat non fanno venir meno il dato in crescita delle persone gravemente deprivate economicamente che sono passate dal 3,1 per cento della popolazione italiana nel 2007 , ultimo anno prima della crisi, al 6,8 per cento del 2014.
L’attenzione mediatica sul rapporto è rivolta in maniera particolare sul giudizio espresso relativamente all’operato del governo Renzi. Alcuni mezzi di informazione puntano a sottolineare il passaggio della relazione della Caritas dove si afferma che lo sforzo complessivo dell’esecutivo riformatore guidato dal segretario del Pd «è più incisivo di quello di molti suoi predecessori» omettendo di citare la frase successiva dove si precisa che «nello specifico della lotta alla povertà il Governo ha seguito una linea di sostanziale continuità con quelli che l’hanno preceduto: non ha, in altre parole, realizzato interventi significativi».
In particolare si afferma che i provvedimenti finora introdotti per fasce ampie di popolazione (come il bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti, il bonus bebè per famiglie con figli entro i tre anni, il bonus per le famiglie numerose e l’Asdi, nuovo assegno di disoccupazione) si traducono, per le persone in povertà assoluta, in «un miglioramento marginale e non privo di controindicazioni» e per questa ragione, con riferimento alle misure di sostegno del reddito, anche l’attuale governo «non si è discostato in misura sostanziale dai suoi predecessori e ha confermato la tradizionale disattenzione della politica italiana nei confronti delle fasce più deboli di popolazione».
Quanto al pacchetto di riduzione delle imposte annunciate da Renzi per il prossimo triennio (abolizione della Tasi sulla prima casa, riduzione di Ires, Irap e Irpef), mentre Ires e Irap sono rivolte alle imprese, l’intervento sulla Tasi e l’Irpef sarà molto contenuta e ininfluente per i soggetti che solo in minima parte sono proprietari di case e sono, per lo più, incapienti ( non pagano imposte ma hanno crediti che non sono rimborsati, ndr).
Quanto al contenuto aumento dei fondi delle politiche sociali avvenuto durante il mandato di Renzi (800 milioni di euro rispetto ai 667 del 2014) si tratta pur sempre di dati poco significativi e lontani dai 1070 milioni di euro destinati a tali fondi nel 2008 dall’allora governo Prodi: . «Una cifra che già allora tutti gli esperti giudicarono inadeguata ad affrontare lo storico sotto finanziamento delle politiche sociali» che comunque il successivo «governo Berlusconi, dal 2009, ridusse sino ad azzerare tutti i fondi nel 2012, poiché era contrario alla responsabilità pubblica nei confronti delle persone fragili».
Secondo gli estensori del rapporto Caritas 2015, si tratta di affrontare le conseguenze della lunga crisi e quindi ripensare completamente il sistema del Welfare perché «contro la povertà vi sono significativi interventi a livello locale, mentre a livello nazionale un sistema di politiche pubbliche di welfare, degno di questo nome, non è mai nato».
Se, al contrario di alcuni dei suoi ministri, Matteo Renzi, «non ha ancora assunto una posizione pubblica precisa sulla lotta alla povertà», la Caritas riconosce che il clima generale sta cambiando «merito innanzitutto, del movimento Cinque stelle, che ha fatto della lotta alla povertà – attraverso il reddito di cittadinanza – una propria bandiera» ma anche «Sel, autorevoli esponenti della Lega Nord così come del Partito democratico e numerosi altri si sono espressi a favore di un intervento strutturale in materia». Resta prioritaria l’attività di proposta e pressione da parte dei soggetti sociali come l’Alleanza contro la povertà promossa da Acli e Caritas assieme ad organizzazioni nazionali come i sindacati confederali.
Evidentemente ci sarebbe da commentare la carenza di un dibattito preventivo sulle ragioni delle scelte di politica economica che guidano gli esperti di fiducia del giovane premier italiano, a cominciare dal consigliere economico Yoram Gutgeld.
Come già avvenuto in un confronto avuto tra l’Alleanza contro la povertà e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, è arrivato da quest’ultimo l’indicazione di come si punti su riforme come quelle sul lavoro (cosiddetto Jobs Act) per far transitare i soggetti più fragili, e quindi a rischio povertà, verso la stabilizzazione del lavoro a tutele crescenti che, al contrario, altri esperti considerano la stabilizzazione della precarietà. Insomma il dibattito che può suscitare l’eccellente lavoro della Caritas merita di allargare lo sguardo sulle motivazioni che hanno, ad esempio, puntato nella distribuzione del bonus di 80 euro ai redditi medio bassi, senza alcuna considerazione del carico familiare, come leva per la ripresa dei consumi, piuttosto che l’adozione di quella «misura nazionale mirata a sostenere l’intera popolazione in povertà assoluta» che è finora assente solo in Italia e Grecia tra i Paesi europei.
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