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“Chi canta prega due volte”. Ma sappiamo cosa fare in Chiesa?

Il canto liturgico è uno dei momenti che aiuta il fedele a pregare

Ma quante volte in Chiesa, più che cantare, sembra che si faccia un vero e proprio festival?

Cerchiamo di capire quale sia il vero modo per il canto liturgico durante le celebrazioni.

Far parte di un coro liturgico non è un’esperienza semplice: prove ogni settimana, canti nuovi da imparare o ripetere in occasione di tutte le celebrazioni, periodi dell’anno liturgico (vedi, ad esempio, il periodo del triduo pasquale) in cui ogni giorno c’è da provare e da cantare a diverse e differenti celebrazioni. Per alcuni può diventare uno stress, per altri invece può trasformarsi in un vero e proprio “festival della canzone liturgica”.

Le regole per un buon canto liturgico

Per questo motivo, è necessario, nonché essenziale, seguire alcune regole basilari. In fondo, anche chi canta e suona prega, oltre a far pregare chi partecipa alla celebrazione.

La prima regola è quella del Non ogni canto è liturgico:

  • Siamo convinti, infatti, che in un canto, purchè ci sia una parola, una frase o un pezzo che abbia a che fare con qualcosa di religioso, allora è adatto alla Messa. Non è sempre così. Un canto quanto più è appropriato e coerente col Vangelo, tanto più è giusto ed adatto per la Messa. Ovviamente tutti i canti devono essere cattolici: quelli creati appositamente o che non hanno finalità cattoliche (perché presi da altre religioni) non sono adatti.

La seconda è quella del Non è previsto alcun canto per il rito della pace:

  • Può sembrar strano, ma è così. La congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti ha descritto, in un documento, che è “necessario evitare abusi, come l’introduzione di un canto per la pace, inesistente nel rito romano”. La pace è un momento importante della Messa e non deve avere distrazioni.

Il terzo è quello del La messa ha i suoi tempi:

  • Ogni canto deve rispettare alcuni momenti precisi nei quali si struttura la Messa. Non possono essere ribaltati o spostati: canto di ingresso, canto al Vangelo, offertorio, canto di accompagnamento alla comunione e canto finale sono quelli essenziali.

Il quarto è quello del Il canto deve essere fedele al testo che presenta:

  • In particolare i canti che abbiamo a che fare con il Gloria, con l’Alleluia e con l’Agnello di Dio non devono mai vedere cambiate le loro parole, altrimenti perdono di senso e significato. Devono essere fedeli al testo originale della preghiera.

Il quinto è quello del Non è sufficiente essere presenti col corpo:

  • Anche se stiamo cantando o suonando, non dobbiamo farci distrarre da altre cose. Stiamo comunque partecipando alla Messa. Il coro è guardato dai fedeli come si guardano i ministranti sull’altare. Anche il nostro è un servizio e lo si deve fare completamente, corpo ed anima, anche ascoltando le parole del sacerdote durante la celebrazione.

Il sesto è quello del L’Agnello di Dio comincia quando il sacerdote spezza il pane:

  • Quante volte, chi canta, lo fa iniziare prima della formula di rito del sacerdote. È un errore, poiché questa invocazione deve accompagnare il rito della frazione del pane.

Il settimo è quello del Essere servitori della chiesa, non delle stelle:

  • Ricordiamoci sempre che stiamo partecipando alla Messa, e non ad un festival. Cantiamo con serenità ed umiltà, senza troppi fronzoli o particolarità canore o sceniche perché, come diceva S.Agostino, “Chi canta, prega due volte”

Un piccolo decalogo di non difficile interpretazione per tutti i cori parrocchiali e non solo.

ROSALIA GIGLIANO

Fonte: aleteia.org

Rosalia Gigliano

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Rosalia Gigliano

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