Il Paese dei cedri in un momento di grande difficoltà, aggravata dall’avanzata del Covid, si affida con fiducia al suo Santo Maronita.
I pellegrini sono diminuiti ancora di più a causa del virus e, per questo, l’intero Paese si affida a San Charbel perché riporti la pace e la serenità in un luogo sin troppo martoriato. Proprio lì, sulla sua tomba, sede di numerosi prodigi e miracoli.
Le reliquie di San Charbel, oggi, sono una delle più grandi ricchezze, soprattutto dal punto di vista spirituale, che il Libano possiede. Per anni, la tomba del Santo solitario ed eremita, è stata meta di pellegrinaggi e tantissimi sono stati i fedeli che hanno assistito al prodigio della trasudazione del sangue, continuata a più di 60 anni dalla sua morte, avvenuta la notte di Natale del 1898.
Un prodigio che oggi si è interrotto, ma che è stato osservato da decine di migliaia di libanesi all’apertura della tomba di San Charbel nel 1952.
Un segno o un ammonimento da parte del Santo, vista la situazione di crisi nel Paese? Il convento di Annaya è una delle destinazioni più care per i fedeli dell’intero Paese, qualsiasi sia la confessione religiosa. Oggi quel convento è visto come una sorta di “pronto soccorso”, in particolare per pregare nella lotta contro la pandemia.
Oggi i fedeli sono molto pochi, l’economia non circola più come prima, i ristoranti intorno al convento hanno avuto un calo notevole di presenze. La situazione sanitaria, quella sociale, dovuta sia agli effetti catastrofici del crollo della libera circolazione e della crescita vertiginosa dei prezzi sia alla pandemia, non è più quella di una volta.
Un costo dei trasporti elevato non ha permesso neanche al patriarca maronita di celebrare la Santa Messa nella terza domenica di luglio (giorno in cui la Chiesa maronita celebra san Charbel), ma è stato il superiore dell’ordine monastico libanese. Difficoltà finanziarie sono evocate anche dal sacerdote che detiene il registro delle guarigioni e delle Grazie ottenute dai visitatori per intercessione del Santo.
“I fedeli, a causa dei costi aggiuntivi che essi comportano, considerano questi documenti superflui. In realtà, sono la più grande prova del miracolo ottenuto” – dichiara il sacerdote, facendo riferimento alla mancanza dei certificati medici che attestano le guarigioni miracolose.
Ciò che resta è il culto delle reliquie di San Charbel: “Il culto delle reliquie si fonda sul concetto di una forza che immaginiamo sia rimasta viva e attiva nelle spoglie dei santi […] Immaginiamo che le anime dei santi siano già presso Dio, dove possono intercedere per i vivi. Anche questo concetto di ‘comunione dei santi’, che attenua la separazione tra vivi e morti, deve essere preso in considerazione per la comprensione del culto delle reliquie” – spiega Edina Bozoky, esperta di origine ungherese, docente di Storia medievale all’università di Poitiers.
Ma perché i libanesi si recano, comunque, al convento di Annaya? “Si viene quando tutti i tentativi di guarigione sono falliti, e non vi è altro rimedio se non un miracolo. Ci veniamo anche per emergenze diverse da quelle della sfera sanitaria. Per delle necessità impellenti dei sensi” – descrive una fedele.
La devozione per San Charbel non morirà mai in Libano.
Fonte: asianews
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ROSALIA GIGLIANO
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