Il filosofo francese Rémi Brague nei suoi testi sostiene che “l’ateismo ha fallito, ed è dunque condannato a scomparire”, e che “una certa saggezza medievale potrebbe soccorrere la nostra modernità sofferente”.
Bisogna cioè fornire alla nostra società le fondamenta che le permettono di non crollare. “Non auspico l’abbandono delle conquiste della modernità, ammesso che sia possibile. Al contrario, vorrei veder proseguire l’avventura umana, ma su basi solide”, spiega il filosofo al quotidiano dei vescovi italiani Avvenire.
“Ho talvolta l’impressione che stiamo vivendo quella scena da cartone animato in cui un sonnambulo continua a camminare per aria, senza più il tetto sotto i piedi, cadendo solo quando se ne accorge. Parlo proprio del mondo reale“, si diverte a raccontare Brague.
Una modalità per vivere al meglio in questo mondo, secondo il filosofo, è quella di “credere nella bontà di ciò che esiste, ovvero la fede nella creazione di un Dio benevolo”, e che “è forse ciò che il Medioevo potrebbe insegnarci di più fondamentale”.
La pandemia ha aiutato a mettere in luce aspetti dimenticati e passati sottotraccia del nostro mondo. Per esempio, quello della libertà, intesa come “libero accesso al Bene”. Mentre invece, spiega il filosofo, oggi la visione della libertà viene intesa come ciò che direbbero “i bambini di 6 o 7 anni”.
Vale a dire, una visione riassumibile in: “Voglio fare ciò che voglio, come voglio, quando voglio e così via”. “L’età mentale di molti dei nostri contemporanei, o meglio la loro età affettiva, anche fra gli intellettuali più brillanti, non è sempre di molto superiore”, dice in maniera brillantemente polemica il filosofo.
Un discorso a cui fa riferimento la società dei consumi e il mondo della pubblicità, che si aggrappa al dominio di ciò che Ratzinger chiamava L’Io e le sue voglie”. “Essere liberi vuol dire poter comprare ciò di cui vi faccio credere che avete bisogno”, riassume Brague. Mentre invece, al contrario, “occorre dunque imparare, o reimparare, che la libertà non è una ‘caduta libera’, ma la ‘pista libera’ aperta a chi vuol fare il bene”.
Nei suoi testi Brague ha spiegato più volte che l’ateismo moderno comincia ad entrare in un’epoca in cui ha il destino segnato.
“Se si vuol essere ascoltati, occorre alzare la voce e dire le cose francamente, rischiando un po’ di bruciare le tappe. Comincio rendendo omaggio a un agnosticismo metodologico, che non cita Dio laddove non è necessario che intervenga direttamente”, mette in chiaro il filosofo. Per dare poi spazio al nocciolo delle sue tesi.
“Il Creatore ha dato la ragione alla sua creatura. Essa gli permette di descrivere rigorosamente le realtà fisiche e d’organizzare la vita sociale in modo pressoché stabile. In questi campi, fare l’ipotesi di Dio, come Laplace, non è necessario. Ma l’ateismo perde il fiato quando si tratta di dire perché l’esistenza degli uomini è un bene”, dice Brague.
Il filosofo infatti spiega in maniera chiara e sincera che la ragione può portare l’uomo nella direzione giusta ma anche in quella sbagliata, condurlo negli abissi della propria esistenza, persino alla follia.
Con la ragione si sono compiute grandi scoperte scientifiche ma si è anche dato il via a grandi barbarie, alle guerre, eccidi, stermini. Con la ragione l’uomo si è avvicinato a Dio compiendo il bene oppure ha assecondato satana giustificando le proprie malefatte. Per questo il pensiero può essere un’arma a doppio taglio, da maneggiare con molta cautela.
“Non può esservi un eccesso della ragione, poiché non si ragiona mai troppo. Ma la ragione può perdere il contatto con la realtà”, spiega. “Già Aristotele diceva che, prima della ragione, vi è ciò che egli chiamava paideia, l’educazione. Quando manca, sosteneva, non si sa in che caso occorre chiedere una dimostrazione matematica e in quale sarebbe ridicolo farlo. Quest’educazione, questo modo d’essere ben educati verso le cose, di rifiutare di trattarle con barbarie, è il rispetto della realtà”.
Tutto ciò, è stato fortemente segnato dall’epidemia del coronavirus. Nella tragedia della pandemia, si può anche scovare ciò che già non andava delle società moderne per cercare di reimpostarle verso il meglio, verso una direzione migliore.
“Vi è in quest’epidemia come un’eco del deposuit potentes del Magnificat. Ma mi rifiuto di vedervi qualcosa di simile a un castigo divino”, spiega il filosofo. “Il Dio dei cristiani, invece, muore per la salvezza dei peccatori”. Il virus è ciò conseguenza di comportamenti errati, come la mancanza di regole d’igiene nei mercati, o a sperimentazioni immorali ed errate di laboratorio, in cui si compiono rischiose manipolazioni sui virus.
“Ma al di là delle causalità e responsabilità precise, è possibile in effetti che ciò faccia riflettere coloro che prendono decisioni, magari per condurli a rimpatriare in Europa delle industrie delocalizzate troppo presto, o a trattare meglio il personale medico”.
Giovanni Bernardi
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