In questi giorni è andato in onda un susseguirsi altalenante di posizioni e richieste sul tema della libertà di culto. Ma le false ricostruzioni sul Papa, che vogliono creare scontenti, fanno male ai cristiani e all’intera comunità.
Dopo infatti la dichiarazione del Premier Conte, di riaprire alla possibilità di celebrare i funerali ma non le Sante Messe, i vescovi italiani hanno fatto partire un duro comunicato in cui hanno criticato la decisione. Subito dopo, è arrivata la risposta della presidenza del Consiglio in cui confermava la propria posizione ma allo stesso tempo assicurava di lavorare in tutta fretta per poter consentire di tornare a celebrare le Messe in sicurezza.
Ma la mattina successiva al giorno seguente, arrivano le parole di Papa Francesco a ristabilire unità e concordia. Il Papa infatti, durante l’omelia a Santa Marta, ha invitato tutti alla prudenza e alla calma, vista la difficile crisi sanitaria ancora pienamente in corso e da cui si tenta timidamente di uscire. E ha invocato il Signore perché dia la grazia di queste virtù al Suo popolo.
“In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”, ha detto il Papa. Alcuni hanno così parlato di una sorta di doccia fredda per i vescovi italiani, che riporta a quanto successo nelle settimane precedenti, all’inizio della pandemia e dopo la prima chiusura delle Messe.
Altri invece, molto più semplicemente e con meno malizia e voglia di trovare a tutti i costi lo scandalo e la divisione, hanno visto le parole di un Pontefice che è anche pastore e padre, che ha richiamato i propri figli alla giustizia ma anche alla prudenza. Alla decisione ma anche alla temperanza. Insomma, ha chiesto a tutti il discernimento dello spirito, di placare le tensioni interiori e di puntare alla scelta più giusta e ponderata.
Quella cioè di tornare al culto ma valutando al meglio tutti gli aspetti legati alla sicurezza del proprio popolo, di concerto con le autorità governative.
Dopo il lockdown dell’8 marzo infatti il cardinale vicario di Roma Angelo De Donatis ha deciso di bloccare le messe per ragioni sanitarie, in accordo con il Papa, come da lui dichiarato. Pochi giorni dopo, il Papa si è recato alla chiesa di San Marcellino in via del Corso per pregare il Crocifisso che nel sedicesimo secolo aiutò Roma contro la peste.
Il Papa ha pregato per le autorità che devono prendere decisioni, ha spiegato che è giusto prendere decisioni talvolta dure, e ha invitato i sacerdoti a stare sempre vicini al popolo. Da ultimo, ha parlato di una Chiesa “viralizzata” che rischia la deriva gnostica e che per questo è bene tornare presto alle Messe. Ma che ci vuole anche la grazia della prudenza.
Per cui è un forte errore, non sappiamo se con malizia o meno, quanto afferma sul Corriere della Sera Massimo Franco, in un articolo in cui si chiede se “la dialettica a volte aspra con Palazzo Chigi non rifletta le contraddizioni e la strategia ondivaga di una Chiesa cattolica disorientata fin dall’inizio della pandemia; e alla ricerca di una linea chiara al proprio interno”.
Franco afferma anche che “da fonti accreditate, è circolata la voce secondo la quale lunedì, poche ore dopo la dura presa di posizione della Conferenza episcopale contro le misure del governo nella fase 2, ci sarebbe stato una telefonata tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Casa Santa Marta, residenza papale dentro il Vaticano“.
E che da lì “sarebbero nate l’ipotesi di «un protocollo per svolgere le messe in sicurezza», all’aperto, dall’11 maggio; e la presa di posizione di Francesco che ieri mattina, poco prima della messa a Santa Marta, ha scolpito poche parole suonate come appoggio al governo e frenata, se non sconfessione, delle critiche della Cei”.
Innanzitutto, anche se la chiamata fosse avvenuta, non ci sarebbe nulla di scandaloso, ma si tratterebbe di un dialogo tra due soggetti che hanno responsabilità pubbliche. Sta di fatto però, che dietro narrazioni di questo genere, piene di forse, di voci circolate e di condizionali, c’è il rischio – se non l’intento – di fomentare scontri e malcontenti e di dividere tanto la comunità cristiana quanto l’intero paese in un momento di grave emergenza sociale, sanitaria ed economica.
Siamo più che certi che Papa Francesco abbia agito di concerto con i vescovi italiani, che il comunicato della Cei è più che impossibile che non sia passato al vaglio della segreteria di Stato e della Santa sede, e di conseguenza il desiderio di Papa Francesco non è per nulla quello di sconfessare nessuno.
Al contrario, è l’opera di un buon padre che ha a cuore i suoi figli, il destino della comunità e che cerca di tutelare al meglio la propria fede e la possibilità di celebrarla nel migliore dei modi, in quanto massimo rappresentante di questa sulla terra.
Anche se i suoi figli, talvolta, vanno un po’ per conto loro nelle ricostruzioni, e non sempre nella strada giusta, perdendosi e finendo in considerazioni un po’ fuori luogo. Con l’intenzione di mettere in cattiva luce il Vicario di Cristo, che tuttavia conosce bene il suo lavoro, per il semplice motivo che nel suo cuore di sacerdote e pastore tiene ben stretti i suoi figli.
Giovanni Bernardi
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