LA CRESIMA, LA PENTECOSTE PERSONALE
Il cammino che negli anni ci porta ad affinare la nostra natura cristiana è lungo e mai dovremmo vantarci di essere ben formati, per non peccare di presunzione e sottovalutare tutte le altre occasioni di crescita personale.
Il nostro cammino cristiano comincia dal momento in cui, Mamma e Papà, ci presentano alla comunità e chiedono per noi il Battesimo, anche se -lo sappiamo, ancor prima del concepimento, siamo stati pensati come figli di Dio dallo stesso Creatore.
Ma c’è un momento, nella vita di un cristiano, in cui si diventa responsabili di esserlo, col Sacramento della Confermazione appunto, ossia la Cresima.
Quella è la nostra Pentecoste personale, l’istante in cui siamo resi adulti nella fede e accettiamo di esserlo fino in fondo.
Per questo grande evento la chiesa ci offre la possibilità di avere accanto un padrino (una madrina), che ci sia d’esempio nel condurre l’esistenza, cristianamente parlando.
La persona scelta deve essere diversa dai genitori e seguire, a sua volta, una retta condotta, secondo i canoni cristiani. Questi sono presupposti innegabili, poiché, chiunque diventi guida (in qualunque ambito), deve essere perlomeno padrone del compito che è chiamato a svolgere.
Quella del padrino è, pertanto, un scelta da non sottovalutare affatto, decidendo, come spesso accade, per affetto o amicizia, per la persone più vicina a noi.
La Cresima è un Sacramento e, come tale, una grazia concessa dall’alto, per cui si chiede l’intervento divino, attraverso l’imposizioni delle mani del Vescovo e l’unzione con l’olio Santo, non lo si dimentichi! I percorsi si catechesi propedeutici, lo spiegano molto chiaramente.
Se non si riflette su questo e non lo si condivide, non ci si stupisca poi che nella provincia di Foggia sia diventato un caso, riportato sui giornali, quello di un quattordicenne che ha deciso di non essere cresimato, quindi di noi ricevere lo Spirito Santo, essenziale per la sua crescita spirituale, perché si è visto smontare il progetto di scelta del padrino.
Zio Luigi, il padrino designato a condurlo davanti all’altare, non può assolvere al ruolo, perché mancante di un requisito importante: non ha una vita religiosa regolare, in quanto è civilmente sposato, con una donna divorziata.
La decisione della chiesa in merito non deve suscitare scalpore: chiederemmo mai ad un vegetariano di insegnarci a cucinare una bistecca, solo per il piacere invitarlo a cena? Allora perché dovrebbe essere consentito ad una persona lontana dai Sacramenti di insegnartene uno?
Nessuno giudica zio Luigi o dice che non sia una persona corretta e straordinaria, semplicemente non è adatta al ruolo per cui era stato convocato; ammetterlo aiuterebbe anche il cresimante rinunciatario a comprendere la serietà e l’abnegazione che comporta l’essere cristiano.
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