In tre punti fondamentali è racchiusa la strategia che papa Francesco suggerisce per superare l’inverno demografico.
“Dono”, “sostenibilità”, “solidarietà”. Sono queste le tre parole chiave che papa Francesco suggerisce per superare l’inverno demografico. Il Santo Padre è intervenuto stamattina all’apertura degli Stati Generali della Natalità, promossa dal Forum delle Associazioni Familiari.
Giunto intorno alle nove all’Auditorium della Conciliazione, il Pontefice è stato accolto dal presidente del Forum, Gianluigi De Palo e ha salutato alcuni dei partecipanti e dei relatori. Dopo i discorsi dello stesso De Palo e del presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha preso la parola il Papa.
“I dati dicono che la maggior parte dei giovani desidera avere figli – ha detto Francesco –. Ma i loro sogni di vita, germogli di rinascita del Paese, si scontrano con un inverno demografico ancora freddo e buio: solo la metà dei giovani crede di riuscire ad avere due figli nel corso della vita”.
L’Italia si trova così, da molti anni, a detenere il non invidiabile primato del “numero più basso di nascite in Europa”, toccando il suo record negativo nel 2020, “non solo per il Covid, ma per una continua, progressiva tendenza al ribasso, un inverno sempre più rigido”.
In mezzo ai tanti sacrifici affrontati nell’anno di pandemia, le famiglie italiane, “in particolare di quelle giovani, assalite da preoccupazioni che rischiano di paralizzarne i progetti di vita”. Il Santo Padre ha menzionato lo “smarrimento per l’incertezza del lavoro” e i “timori dati dai costi sempre meno sostenibili per la crescita dei figli: sono paure che possono inghiottire il futuro, sono sabbie mobili che possono far sprofondare una società”.
Il Pontefice ha anche menzionato “con tristezza”, le donne che “sul lavoro vengono scoraggiate ad avere figli o devono nascondere la pancia. Com’è possibile che una donna debba provare vergogna per il dono più bello che la vita può offrire? Non la donna, ma la società deve vergognarsi, perché una società che non accoglie la vita smette di vivere”, ha aggiunto.
Il Papa ha quindi espresso apprezzamento per l’approvazione legislativa dell’“assegno unico e universale per ogni figlio che nasce”. Auspicio di Francesco è che questo provvedimento “segni l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie. Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro; ma se le famiglie ripartono, tutto riparte”.
Perché il Paese si risollevi dal suo inverno demografico, serve innanzitutto riscoprire il “primato del dono”. È questo il primo dei “tre pensieri” offerti da Bergoglio ai partecipanti agli Stati Generali della Natalità.
Il dono è “codice sorgente del vivere comune” ma, purtroppo, sono proprio le “società più agiate” e “più consumiste” ad averlo dimenticato. Dove c’è più ricchezza, ha osservato il Santo Padre, “spesso c’è più indifferenza e meno solidarietà, più chiusura e meno generosità”.
In questo senso, “un figlio è il dono più grande per tutti e viene prima di tutto”. Allora, ha domandato il Pontefice, “dov’è il nostro tesoro, il tesoro della nostra società? Nei figli o nelle finanze? Che cosa ci attrae, la famiglia o il fatturato?”.
Scegliere la vita, dunque, implica un “coraggio creativo”, in quanto “non accumula o moltiplica quello che già esiste, ma si apre alla novità: ogni vita umana è la vera novità, che non conosce un prima e un dopo nella storia”.
Il secondo pensiero del Papa ha fatto riferimento alla “sostenibilità”. Oltre alla “sostenibilità economica, tecnologica e ambientale”, è necessaria una “sostenibilità generazionale”. Non saremo in grado, cioè, di “alimentare la produzione e di custodire l’ambiente se non saremo attenti alle famiglie e ai figli”.
Così è avvenuto durante le ricostruzioni post-belliche dei secoli scorsi, durante i quali, “non c’è stata ripartenza senza un’esplosione di nascite, senza la capacità di infondere fiducia e speranza alle giovani generazioni”. Oggi, mutatis mutandis, “le cifre drammatiche delle nascite e quelle spaventose della pandemia chiedono cambiamento e responsabilità”.
In questo ambito, entra in gioco la scuola, il cui ruolo non può essere quello di “fabbrica di nozioni da riversare sugli individui”, bensì di “tempo privilegiato per l’incontro e la crescita umana”, luogo dove “non si matura solo attraverso i voti, ma attraverso i volti che si incontrano”. È fondamentale che i giovani vengano “a contatto con modelli alti, che formino i cuori oltre che le menti”.
I giovani non possono essere alimentati dai “fuochi d’artificio dell’apparenza”: essi maturano “se attratti da chi ha il coraggio di inseguire sogni grandi, di sacrificarsi per gli altri, di fare del bene al mondo in cui viviamo”. Una mentalità per cui “realizzarsi significhi fare soldi e successo, mentre i figli sembrano quasi un diversivo, che non deve ostacolare le proprie aspirazioni personali”, è “una cancrena per la società e rende insostenibile il futuro”.
Terzo e ultimo spunto di riflessione suggerito dal Papa è dato dalla “solidarietà”. Uno stile di vita solidale non può restare “nell’ambito dell’emergenza e del provvisorio”: è necessario “dare stabilità alle strutture di sostegno alle famiglie e di aiuto alle nascite”, ha raccomandato.
Auspicando “politiche familiari di ampio respiro”, Francesco ha auspicato: “Come sarebbe bello veder crescere il numero di imprenditori e aziende che, oltre a produrre utili, promuovano vite, che siano attenti a non sfruttare mai le persone con condizioni e orari insostenibili, che giungano a distribuire parte dei ricavi ai lavoratori, nell’ottica di contribuire a uno sviluppo impagabile, quello delle famiglie!”.
La solidarietà, comunque, va declinata anche all’ambito dell’informazione. Serve, in questo caso, “un’informazione ‘formato-famiglia’, dove si parli degli altri con rispetto e delicatezza, come se fossero propri parenti”. Una “cultura del futuro” non può basarsi solamente sul “mero soddisfacimento” dei bisogni individuali: urge, al contrario, “una cultura che coltivi la chimica dell’insieme, la bellezza del dono, il valore del sacrificio”, ha detto il Papa in conclusione.
Luca Marcolivio
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