Gli attacchi alla fede cristiana spesso passano per la messa in discussione dell’autenticità dei Vangeli, affermando ad esempio che Pilato non è mai esistito.
Le scoperte archeologiche mostrano e dimostrano altrettanto spesso esattamente il contrario.
Nel 1961 si ritrovò una pietra con inciso il nome di Ponzio Pilato. E pochi anni dopo, nel ’68, il suo anello di bronzo.
Sono spesso molti gli attacchi ideologici che vengono sferrati alla fede cristiana, in modo particolare attraverso la messa in discussione dell’autenticità storica dei Vangeli. Tra questi, ad esempio, si è a lungo affermato in passato e in varie circostanze che Ponzio Pilato non fosse mai esistito. Quindi mettendo in dubbio una delle figure centrali del racconto dei Vangeli e quindi per la vita in terra di Gesù, condannandolo, e che tuttavia oggi viene ricordato in qualità di martire dalla Chiesa copta e di santo da parte della Chiesa etiope.
La tesi spesso accreditata riportava al fatto che non vi fossero particolari menzioni nei suoi confronti tra le pagine della letteratura antica. Anche se in realtà, qualcuno che ne parlava ci fosse, e basta citare ad esempio lo storico romano Tacito, il filosofo ebreo Filone di Alessandria e lo storico ebreo Flavio Giuseppe. Oppure si affermava spesso, almeno tra i detrattori più accaniti della fede cristiana, che non fossero mai state rinvenute tracce archeologiche o su dei monumenti nell’area della Palestina, o nei territori in cui Pilato visse e svolse il suo ruolo di giudice nell’ambito del processo a Gesù.
Peccato però che, nel corso di un’opera di scavo compiuta nel vicino 1961 tra i resti di Cesarea di Palestina, gli studiosi rinvennero una pietra con incisa un’iscrizione che ricordava proprio Ponzio Pilato. E che in questo modo rappresentò una traccia materiale della realtà dell’esistenza del politico romano che condannò Gesù Cristo. Questa pietra, trovata nel teatro cittadino, oggi è stata posta nell’ambito del Museo di Israele, a Gerusalemme.
Gli scienziati hanno poi dedotto che pietra venne riutilizzata come un semplice gradino intorno al V secolo d.C., e per questa ragione la dicitura del nome di Pilato venne scalfita e in parte perduta. Ma la traduzione della frase latina inscritta recita, all’incirca: “Tiberiéum Ponzio Pilato prefetto di Giudea”. Con riferimento anche all’imperatore romano Tiberio, successore e figlio di Augusto. Il che ha fatto dedurre agli studiosi che si sarebbe trattato di un edificio civile, forse una piazza o un complesso amministrativo, e non un tempio in onore dell’imperatore.
Un rinvenimento che in questo modo fornisce anche ulteriori elementi anche sull’incarico che Pilato ricoprì in Giudea, e che di certo ne conferma la veridicità. Ma che non è stato nemmeno l’unico e ultimo. Infatti, solamente nello scorso novembre 2018, pare che il nome di Ponzio Pilato è stato rinvenuto anche su di un anello di bronzo. Questo era stato rinvenuto circa cinquant’anni prima vicino a Betlemme. Nello specifico presso l’Herodion, una collina che ricorda per la forma un tronco di cono. Qui, per volere di Erode, negli anni che vanno dal 23 al 15 a.C., venne edificata una fortezza.
Si tratta infatti di una scoperta messa in atto dal docente dell’Università ebraica di Gerusalemme Gideon Forster, nel corso degli scavi del 1968-1969, e che inizialmente era finita tra le diverse migliaia di materiali rinvenuti.
Ma solo dopo un’attenta analisi, che comprende una pulizia dell’anello e l’utilizzo di un’avanzata tecnica fotografica, è apparsa l’entusiasmante rappresentazione di un’anfora di vino, contornata da lettere greche indicanti il nome di Pilato. A ricordarci ancora una volta la vita, e la tragica morte, di Nostro Signore Gesù Cristo, come scritto nei Vangeli.
Giovanni Bernardi
Fonte: radiospada.org
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