Nel corso della storia, Roma ha conosciuto diverse situazioni critiche a livello sanitario e ogni volta ha reagito mettendo in piedi grandi macchine organizzative. Quella di cui parliamo oggi è la situazione romana negli anni del secondo conflitto mondiale.
Una vicenda a dir poco attuale, quella attraversata dall’Urbe tra la fine degli anni Trenta e gli inizi degli anni Quaranta, in pieno conflitto mondiale. Si arrivò – come leggiamo dalla fonte Storia in Network – nella città di Roma ad essere in grave difficoltà per effettuare ricoveri negli ospedali per tutti quei feriti che provenivano dai vari fronti. I cittadini colpiti dai bombardamenti, ad esempio, dovettero assistere ad una situazione di affollamento delle strutture sanitarie.
Come leggiamo dalla fonte, quegli ospedali i cui lavori ebbero inizio alla fine dell’Ottocento, furono i primi ad accogliere i pazienti negli anni più critici. Roma poteva infatti contare sul Pio Istituto di Santo Spirito ed Ospedali riuniti di Roma, i cui lavori ebbero inizio negli ultimi anni dell’Ottocento. Nel 1929, Mussolini inaugurò poi l’ospedale cosiddetto del “Littorio”, ovvero l’attuale San Camillo. Da un punto di vista sanitario fu un grande apporto, perché già in quegli anni, la situazione iniziava a necessitare di “posti letto”.
L’istituto Spallanzani di Roma, oggi in prima linea nella faticosa lotta al Coronavirus, venne inaugurato nel 1936. Intitolato al noto biologo del XVIII secolo, lo Spallanzani di Roma ebbe, fin da subito, 296 posti letto, suddivisi in 15 padiglioni. Alla struttura venne affidato il compito di prevenzione e cura delle malattie infettive. Ma di lì a poco, i numerosi conflitti bellici, causarono una gran quantità di feriti, tale da mandare in sovraffollamento le strutture presenti sul territorio.
Roma seppe rispondere all’emergenza che si stava creando. Correva l’anno 1940 quando oramai gran parte dei letti ospedalieri era colmo di feriti e per tale motivo, come riporta Storia in Network, molte scuole pubbliche furono adibite a “ospedali provvisori”. Tra questi, è doveroso menzionare il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II. Un altro importante centro provvisorio fu creato nei locali del Liceo Ginnasio Statale, in via Giulia. In quest’ultima struttura, lavorò come infermiera volontaria anche Valentina Nardoni, la mamma del noto storico della Chiesa, più volte menzionato nei nostri approfondimenti storici, Pier Luigi Guiducci.
È doveroso, in questa sede, far riferimento alle numerose squadre mobili di soccorso, organizzate in quegli anni dal corpo della Croce Rossa Italiana. Tra le tante problematiche che iniziarono a verificarsi, ci fu dapprima la mancanza di scorte medicinali e di plasma. Diversi medicinali, tra cui la penicillina, iniziarono a circolare dopo lo sbarco degli Alleati.
A tutto ciò si aggiunse la scarsità di azioni di pronto soccorso, ostacolate, per l’appunto, da mancanza di benzina e dagli effetti dei continui bombardamenti. A tal proposito, nel 1943, la Croce Rossa Italiana organizzò un gran numero di squadre mobili di soccorso.
Fabio Amicosante
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