Per le strade della capitale va in scena il “Gesù arcobaleno”. Accompagnato da tanti slogan ormai triti e ritriti, ancorché blasfemi.
Quello del Gay Pride è un mondo sempre uguale a se stesso. Quest’anno, l’unica novità rilevante è che i manifestanti rivendicano i loro presunti diritti con molta più determinazione del solito.
Ossessionati dal cristianesimo
Combinazione: il Roma Pride 2021 si è svolto ieri, proprio in una settimana spartiacque del dibattito sul ddl contro l’omotransfobia. Pochi giorni prima, infatti, l’iter al Senato è stato sorprendentemente stoppato dal richiamo della Santa Sede. Un’ottima occasione, per i manifestanti, per tornare a gridare la loro rabbia contro il nemico numero uno da sempre: la Chiesa.
Sembra quasi che non possa esistere Gay Pride senza offese alla sensibilità religiosa, in particolare cristiana. Anzi, sarebbe meglio dire solamente cristiana: fino a prova contraria, nessun militante lgbt si sognerebbe mai di offendere il profeta Maometto, nonostante nei paesi a maggioranza musulmana, gli omosessuali siano realmente perseguitati e, in certi casi, sussista ancora la pena di morte per sodomia.
Basta scorrere qualunque servizio sul Roma Pride di ieri, per prendere atto di quanto i manifestanti siano imbevuti di luoghi comuni. Nel mirino, c’è la politica che, a loro dire, non riesce a prendere decisioni con la dovuta rapidità. Così è stato con il ddl Zan, a loro dire, “bloccato dall’ostruzionismo politico”.
Cristiani ma “a modo loro”…
Il servizio dell’ANSA, corroborato dall’atteggiamento compiacente dell’inviata, mostra militanti lgbt, nei loro pittoreschi e ormai prevedibili costumi, lamentarsi dei “rallentamenti” rispetto a un disegno di legge di cui “ora più che mai c’è bisogno”.
Non poteva mancare la protesta per la presunta “ingerenza” della Chiesa. “Il Pride è una situazione inclusiva, si include qualsiasi persona, credente, non credente”, pertanto, “la Chiesa non deve toccare il ddl Zan”, proclama un altro manifestante.
“Siamo tutti figli di Dio allora ci diano diritti come tutti i figli di Dio”. Seguono le geremiadi contro l’altro immenso muro da abbattere: un “Concordato vecchio e stravecchio”, firmato nel 1929, da un “governo fascista”, quando oggi “l’Italia ripudia il fascismo”. Lo Stato, poi, inutile ricordarlo, “è laico”.
“Esiste il Concordato? Aboliamolo”, taglia corto un altro manifestante dalla folta parrucca. “Se Gesù Cristo fosse qui tra noi” sarebbe “il Gesù che accoglieva le prostitute (che però, in quel caso, si pentivano… ndr), il Gesù di chi è senza peccato scagli la prima pietra (SIC)”. I militanti del Roma Pride deplorano “la Chiesa del giudizio, del peccato, della paura”, dice un tizio travestito da Gesù Cristo, con tanto di croce, corona di spine e avvolto da un sudario… arcobaleno.
Un murale come “monito”
Ciliegina sulla torta della giornata di ieri è stata la comparsa di un murale in via della Stazione di San Pietro, a pochissima distanza dalla basilica vaticana. L’opera, realizzata dalla street artist Laika raffigura un’effusione tra due guardie svizzere, con un cuore arcobaleno alle loro spalle: un messaggio ‘cifrato’ ma non troppo, rivolto alla Santa Sede, affinché non metta il naso nei ‘diritti’ dei gay.
Gli stessi che chiedono tolleranza, rispetto e amore, non mancano di offendere la religione cristiana e, in particolare cattolica. E vanno incontro a un reato, punito dall’ordinamento italiano: il vilipendio della religione. Ma tutto questo, evidentemente, per i sostenitori del ddl Zan, è un dettaglio.