La città di Roma da giorni è devastata da roghi ma sono mesi che i social sono invasi da foto di degrado per le strade della capitale, tra cinghiali e spazzatura. Così i parroci romani hanno deciso di alzare la voce.
Una condizione che di certo il centro della cristianità non si merita e per la quale c’è bisogno di correre al riparo al più presto.
Sono quattro i grandi incendi che solamente nell’ultimo mese hanno colpito in maniera drammatica la Capitale italiana. Quello che i religiosi stanno chiedendo in questi giorni, anche attraverso i canali istituzionali della Santa Sede, è di smettere di cercare di tappare i buchi e nascondere la polvere sotto il tappeto, ma al contrario di rimboccarsi le maniche e di fare venire a galla le responsabilità.
Il dramma nella Capitale e la rabbia dei parroci
Da giorni infatti si vedono su ogni schermo fotografie della città di Roma in fiamme, in preda a incendi che qualcuno sostiene siano procurati da mano umana, mentre si attende l’esito dell’inchiesta da parte della magistratura. L’ultimo, terribile, tra via Togliatti, via Casilina, via dei Romanisti, via Fadda, nella zona di Centocelle, a cavallo tra le attività di autodemolizione e la vegetazione.
Ai microfoni di Radio Vaticana don Stefano Cascio, parroco della parrocchia San Bonaventura da Bagnoregio, un luogo non molto distante dal luogo dell’incendio, sfoga tutta la sua rabbia parlando fuori dai denti. “Sembra strano dirlo, da parroco, ma il sentimento che ho è la rabbia”, è il grido straziante del religioso che non ne può più di vedere la sua città bruciare, con tutti i rischi che ne derivano, per i luoghi, per la salute e talvolta persino direttamente per i cittadini stessi che rischiano di esservi coinvolti.
Nel quartiere la rabbia divampa più delle fiamme e don Stefano non fa altro che diventare portavoce di tutto un malcontento che cresce di giorno in giorno. Mentre infatti associazioni e comitati si impegnano per dare decoro ai loro quartieri e migliorare la condizione di tanti, i loro sforzi si vedono svanire, è il caso di dirlo, in fumo. Da tempo infatti gli abitanti del quartiere hanno presentato la richiesta, con una raccolta firma, per affrontare proprio il problema degli autodemolitori situati nientemeno che in un parco che avrebbe dovuto essere, in realtà, un sito archeologico.
Non si tratta di azioni straordinarie, perché mancano quelle ordinarie
La loro speranza, ora, è che rimanga giusto un po’ di verde. Ma quello che resta, spiega don Stefano, “è la rabbia davanti all’inerzia della politica”. In particolare dovuta al fatto che, mentre si chiedono le responsabilità, tutti si rimbalzano la palla tra di loro. “Come parroco mi sento responsabile di una comunità che vive su un territorio”, afferma con decisione il religioso. “Sono anni di inerzia e a volte verrebbe da dire che Roma avrebbe bisogno di dieci anni di commissariamento perché non sappiamo più come uscirne”.
Un vero e proprio “degrado evidente ormai da tantissimi anni” la descrive un altro sacerdote che opera in una realtà vicina ai luoghi degli incendi, don Maurizio Mirilli, parroco al Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi, sempre su Vatican News. Mentre “malcontento” e “insoddisfazione” crescono “sempre di più da parte della gente”, spiega il religioso che vede con i suoi occhi uomini e donne esasperati, in preda alla tensione e al dolore.
Il problema è la mancanza di cura da parte dell’amministrazione, come anche la mancanza di interventi strutturali, che guardino non alla manutenzione straordinaria, ma anche e soprattutto a quella ordinaria. Ci sono alberi lasciati senza cure da decenni, spiega il religioso. Con questo caldo, si capisce facilmente come nascano gli incendi. “Il degrado è sotto gli occhi di tutti e anche come comunità cristiana da tempo chiediamo un intervento da parte delle istituzioni perché si facciano carico di questi problemi. Non è lo straordinario che ci interessa, qui è l’ordinario che va curato come si deve”.