In un periodo in cui si mette in discussione anche la formulazione tradizionale della famiglia, ecco alcuni spunti di riflessione, liberamente tratti da uno scritto di Sua Eminenza il Cardinale Camillo Ruini:
“Quella cellula fondamentale della società, che è la famiglia, sta attraversando un periodo di straordinariamente rapida evoluzione. Ormai, appaiono ovvi i rapporti prematrimoniali e pressoché normali i divorzi, molto spesso come conseguenza della rottura della fedeltà coniugale. Ci allontaniamo così dalla fisionomia tradizionale della famiglia, nei Paesi e nelle civiltà segnati dal cristianesimo”.
Tante circostanze ci inducono nella tentazione di ripensare e ridimensionare il valore del matrimonio, inteso come unione sacra di un uomo e una donna, benedetti da Dio, e capaci di generare e di educazione i figli, in una società cristiana.
I divorzi sono in aumento in molti Paesi occidentali e questo pone nuovi interrogativi sulla questione familiare.
Il Cardinale Ruini precisa: “ (…) non abbandonare coloro che si trovano in questa situazione, ma al contrario averne speciale cura, impegnandosi a mettere a loro disposizione i mezzi di salvezza della Chiesa. Aiutarli quindi a non considerarsi affatto separati dalla Chiesa e a partecipare invece alla sua vita. Discernere bene, inoltre, le situazioni, specialmente quelle dei coniugi abbandonati ingiustamente, rispetto a quelle di chi ha invece colpevolmente distrutto il proprio matrimonio”.
Gli interrogativi dei fedeli, a cui la chiesa tenta di rispondere, nel rispetto delle disposizioni ferree della nostra religione, diventano più numerose, con passare dei decenni. Il Cardinale Ruini ricorda: “La medesima “Familiaris consortio” ribadisce però la prassi della Chiesa, “fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati”. La ragione fondamentale è che “il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, che è significata e attuata dall’Eucaristia”. Non è dunque in questione una loro colpa personale, ma lo stato in cui oggettivamente si trovano. Perciò, l’uomo e la donna che per seri motivi, come ad esempio l’educazione dei figli, non possono soddisfare l’obbligo della separazione, per ricevere l’assoluzione sacramentale e accostarsi all’Eucaristia, devono assumere “l’impegno di vivere in piena castità, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi”.
Ed è questo il nocciolo delle questioni più dibattute al momento, specialmente dopo la pubblicazione dell’Amoris Laetitia di Papa Francesco, dei conseguenti Dubia di illustri Cardinali e dei tentativi che molti prelati stanno facendo, per comprendere cosa sia più sensato fare.
“Una strada che appare percorribile è quella della revisione dei processi di nullità del matrimonio: si tratta infatti di norme di diritto ecclesiale, e non divino.
Va quindi esaminata la possibilità di sostituire il processo giudiziale con una procedura amministrativa e pastorale, rivolta essenzialmente a chiarire la situazione della coppia davanti a Dio e alla Chiesa. È molto importante però che, qualsiasi cambiamento di procedura, non diventi un pretesto per concedere in maniera surrettizia quelli che in realtà sarebbero divorzi: un’ipocrisia di questo genere sarebbe un gravissimo danno per tutta la Chiesa”. Antonella Sanicanti