Un parroco è riuscito nell’opera straordinaria di trasformare la malattia in una vera opportunità di rinascita per la sua vita e per tutta la sua comunità parrocchiale.
Quando 14 anni fa arrivò la diagnosi in un primo momento don Claudio Campa non sapeva come reagire. Ma subito dopo, in Cristo, trovò la forza per compiere qualcosa di meraviglioso.
La storia di don Claudio Campa arriva da Collegno, nel Torinese, e dalla sua parrocchia di San Massimo Vescovo di Torino. La malattia degenerativa che lo costringe a muoversi sulla sedia a rotelle dal 2012 non lo ha fatto perdere d’animo e non ha nemmeno scalfito minimamente la sua fede, o la sua missione di parroco: tutt’altro. Il suo male è stato proprio, paradossalmente, il seme di una rinascita in cui la sua intera comunità ha aperto le braccia a tutti gli ammalati.
Dal dramma alla rinascita per la comunità
Dopo la rimozione delle barriere architettoniche e la costruzione di un parcheggio per persone disabili , ha reso possibile alle persone disabili e spesso ai loro familiari la partecipazione a momenti importanti come l’Eucarestia, la preghiera condivisa, la catechesi. “Il ritrovarmi a tutti gli effetti tra i portatori di handicap mi ha stimolato ad una riflessione: come trasformare un problema in una risorsa?”, sono le parole che don Claudio ha consegnato al Sir.
Da allora sono nate la commissione pastorale per la salute e la disabilità e un un tavolo di dialogo tra le parrocchie e il Comune, la Charta di San Massimo. Da qui tutta una serie di attività condivise, come i sabati aggregativi con il pomeriggio di laboratori, la Messa e la cena, eventi di sensibilizzazione sulla disabilità cognitiva, sensitiva e motoria, il “caffè Alzheimer” e il “dopo di noi”.
Poi “il lavoro quotidiano con i ragazzi con disabilità che frequentano il catechismo, la Messa per i sordi con interprete LIS, gli scout, l’estate ragazzi, le convivenze guidate e le associazioni”, racconta il sacerdote. Don Claudio infatti, originario di Torino, è stato destinato nel 2006 alla parrocchia di San Massimo a Collegno. Una realtà molto vivace con tanti gruppi attivi nella carità, nella liturgia, nella catechesi.
I primi segni e la fede che abbatte ogni sconforto
I primi segni del suo male arrivano nel 2008, durante la processione del Corpus Domini, quando lo colpì un malore improvviso che lo fece cadere a terra. La diagnosi non lascia spazio a interpretazioni: si tratta di sclerosi multipla. “All’inizio ci sono state la paura e la tristezza. Ma poi ho intuito che non si trattava di chiedere la guarigione, da una malattia tra l’altro degenerativa, ma di darle un significato. Le nostre fragilità possono diventare feritoie dove passa la luce, un tabernacolo in cui parla Dio”, racconta all’agenzia dei vescovi.
Da quella tristezza per la malattia si è fatta cioè strada la consapevolezza di dovere comprendere la vita ancora più a fondo di come pensava prima. Da quel momento i malati non erano più persone da compatire ma fratelli che condividevano la stessa esperienza di vita. Ma è “proprio nella debolezza che si manifesta la forza di Dio”, spiega oggi: “noi restiamo deboli, ma è il nostro alleato che con la sua potenza fa la differenza”.
Questo ha permesso a don Claudio di mettere in piedi attività del tutto impensabili per la sua condizione. Come la sfida di un pellegrinaggio in bicicletta a Santiago de Compostela. Una vera e propria impresa di 738 chilometri di pedalata insieme ai suoi parrocchiani, che lui descrive come “un cammino di conversione e di ricerca di senso da dare alla malattia”. La sfida del sacerdote, nella sua malattia, è così diventata quella di passare dal disagio alla condivisione.
“Mi piace pensare che quando mi avvicino ai ragazzi per la comunione la mia carrozzina elevata sia sorretta dalle mani di Dio. Mani che ti avvolgono e ti custodiscono. Sento le mani del Signore come il mio rifugio, la mia forza, la mia sicurezza, la mia casa”, racconta. “Esiste una testimonianza delle persone disabili all’interno della Chiesa: l’annuncio del Vangelo della gioia di essere chiamati figli di Dio, che si manifesta con chiarezza la domenica”, spiega ancora.
“C’è una forza vitale e comunicativa nelle liturgie cui partecipano i disabili, che diviene dono e testimonianza per tutta la comunità. Dei disabili è lo spazio del bello e della gioia. Dei disabili è lo spazio della liturgia”.