Un’aggressione in piena regola, avvenuta per mano di un parente della donna defunta alla quale il sacerdote aveva appena celebrato il funerale.
Nessuno se l’aspettava, eppure è successo. Un sacerdote è stato aggredito in chiesa.
Ecco cosa è successo nel dettaglio al sacerdote e perché è stato aggredito.
Sacerdote aggredito nella sua chiesa
Un’aggressione in piena regola quella che un giovane sacerdote di 38 anni, don Giovanni Rigoli, parroco di Varapodio, paese della Piana di Gioia Tauro. La “colpa” da lui commessa? Quella di aver vietato le condoglianze, in chiesa, per motivi sanitari e dopo un funerale. Da lì, lo scatenarsi dell’aggressione da parte di due parenti della defunta che lo hanno ripetutamente colpito.
Il tutto è accaduto alla fine della celebrazione, nella chiesa di Santo Stefano. I due aggressori, dopo aver compiuto il vile gesto, si sono allontanati, mentre Don Giovanni veniva soccorso e veniva chiamato il 118. Il giovane parroco ha riportato lesioni al capo che lo hanno, per questo, costretto al ricovero in ospedale.
Sono scattate, dopo la sua aggressione, le indagini da parte dei Carabinieri per accertare la dinamica di quanto esattamente accaduto.
Il Vescovo della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, Monsignor Alberti, in una nota diffusa, ha pienamente condannato l’accaduto e l’aggressione: “Siamo profondamente sconvolti da questo atto di violenza contro uno dei nostri sacerdoti. Gli attacchi contro i membri del clero non solo colpiscono la persona coinvolta, ma feriscono anche la fede e la spiritualità della nostra comunità” – ha affermato – “Certe azioni azzerano l’impegno spirituale di ogni individuo e quando permettiamo che simili azioni prevalgano, rischiamo di invalidare la fede stessa che ci unisce”.
Il vescovo si schiera dalla parte di Don Giovanni e condanna quanto gli è accaduto
Il vescovo ha, inoltre, affermato chiaramente l’incompatibilità fra la violenza e la fede, che camminano su due strade diametralmente opposte. In un’intervista proprio al quotidiano “Avvenire”, lo stesso Monsignor Alberti ha aggiunto: “[…] Qualcosa dovremo fare, daremo un segno forte entro domenica, un segno pedagogicamente efficace che partendo da questo grave episodio proponga delle risposte positive”.
Ma come si è arrivati a questa aggressione? Stando alle prime indagini dei Carabinieri, il sacerdote, anche in base alla risalita dei contagi Covid avutisi nel pieno delle festività natalizie, aveva vietato lo scambio delle condoglianze in parrocchia al termine delle celebrazioni funebri, quando anche per le Messe di suffragio il settimo giorno.
La ricostruzione dell’aggressione
Pochi giorni dopo l’inizio di questo divieto, una donna, appartenente ad una nota famiglia di Varapodio, muore in Australia e il fratello di quest’ultima chiede al sacerdote di poter far celebrare una messa di suffragio per la sua congiunta lo scorso 15 dicembre. Don Giovanni non acconsente e fa sapere che concelebrerà soltanto, ricordando il suo divieto emesso.
Poco prima della Messa, ecco che qualcosa inizia a non andare. Alcuni familiari della defunta e, anche, gli addetti dell’agenzia di onoranze funebri, entrano in sacrestia per chiedere con insistenza che si possano svolgere le condoglianze in chiesa. Di fronte a ciò, il parroco annuncia che non concelebrerà.
Tutto inutile: alla fine della celebrazione, quelle condoglianze, che lui aveva vietato, vengono date lo stesso all’interno della chiesa, contravvenendo quindi a ciò che don Giovanni aveva deciso. Cosi decide di intervenire dicendo che non si doveva. Da qui, la reazione di due persone, parenti della defunta, che lo colpiscono al capo facendolo finire in ospedale.
Solidarietà piena e vicinanza al giovane sacerdote da parte di tutta la Diocesi e di tutta la sua comunità.