Donare qualcosa di sé a scapito della propria salute, per salvare la vita di un altro. È la storia commovente di due sacerdoti.
Don Jean era gravemente malato e, l’unica cosa che poteva salvarlo era un trapianto. Don Eustache non c’ha pensato due volte e ha aiutato il suo amico e confratello. Una storia d’amore, d’amicizia e di coraggio.
Donare un rene per aiutare un amico che è in fin di vita. Una storia d’amore profondo e che segue pienamente l’insegnamento che ci ha dato Cristo: “Dare la vita per i propri amici”. Questo è quello che ha fatto Eustache Ntambwe Makoyo, sacerdote congolese, in Italia per i suoi studi.
Jean Michel, invece, anche lui congolese, ha vissuto gli ultimi anni della sua vita in precarie condizioni di salute. I suoi reni erano compromessi e, ogni giorno, era costretto a sottoporsi a dialisi. La sua unica via di salvezza restava il trapianto.
Amico di Don Eustache, più volte aveva rifiutato il suo “aiuto” così grande nel donargli un rene: “In questi anni di malattia ho toccato sulla mia pelle la fragilità della vita. Non credevo possibile un gesto così generoso, ma l’insistenza di Eustache è stata grande” – racconta don Jean.
Ed in effetti, don Eustache ha così tanto insistito da mettersi in contatto con i medici che avevano in cura il suo amico confratello, per chieder loro in che modo poteva aiutarlo. “A settembre ci siamo incontrati per iniziare il percorso” – ha spiegato don Jean.
L’intervento è stato eseguito con chirurgia robotica dall’équipe della Chirurgia oncologica, epato-bilio-pancreatica e dei trapianti di fegato, in collaborazione con la Nefrologia e Dialisi dell’AOU di Modena. Ma c’era una complicazione: i due sacerdoti non avevano lo stesso gruppo sanguigno, il che impediva di effettuare il trapianto.
Grazie a una nuova tecnica, praticata in pochissimi centri in Italia, che permette di “ripulire” il sangue del ricevente eliminando da esso gli anticorpi che altrimenti si attiverebbero contro il sangue del donatore, è stato possibile effettuare l’operazione.
I due, sotto osservazione per alcune settimane, ora stanno bene ed hanno ripreso la loro vita.
Un gesto valso a salvare la vita di un amico, prima che di un confratello sacerdote che non ha bisogno di altre parole.
Fonte: avvenire
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ROSALIA GIGLIANO
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