La situazione tende a peggiorare gravemente, il rischio di una guerra è purtroppo realtà e i più indifesi sono i più esposti.
Una vera e propria testimonianza di ciò che sta accadendo in Terra di Palestina ma, soprattutto, una sorta di richiesta disperata d’aiuto per una tregua, “prima che la guerra ricominci”. A parlare è padre Gabriel Romanelli, sacerdote a Gaza.
Una situazione ai limiti di una nuova guerra civile è quella di cui parla Padre Romanelli, in un’intervista a Vatican News. Sono giorni che i razzi continuano a cadere su Gaza che, oramai, non è più un posto sicuro e, a farne le spese, sono i civili: 53 morti, di cui 10 bambini.
Nella chiesa della Sacra Famiglia, dove è parroco, e nel Convento delle sorelle del Rosario, ogni giorno Padre Gabriel celebra la Santa Messa: “Sono circa due giorni di seguito che stiamo sotto ai razzi e ai bombardamenti. Noi stiamo bene, i nostri parrocchiani stanno bene e anche le consacrate e i consacrati.
L’edificio che ha subito più danni è il convento delle suore del Rosario di Gerusalemme. Non è stata bombardata la loro scuola, però ci sono dei danni perché stanno colpendo tutta la zona” – racconta.
Prima i bombardamenti erano solo di notte, ora non più: “Chiediamo veramente a tutte le persone di buona volontà e che hanno il potere di farlo, di riuscire almeno a fare una tregua, perché altrimenti si arriverà ad una guerra vera e propria e sarebbe un disastro” – chiede padre Romanelli.
Vittime ogni giorno, ma anche persone che hanno paura e chiedono aiuto. Più di 320 feriti, 10 bambini morti ed altri 53 fra donne e uomini: “Purtroppo questa è una delle sporcizie delle guerre e delle guerre ingiuste come questa” – afferma il sacerdote.
Una quotidianità difficile da affrontare sotto i bombardamenti, specie per i più giovani: “Tante volte quando si sentono le bombe più forti, ed è una cosa che non si può controllare, si hanno le palpitazioni e ci si mette a piangere […] La comunità cattolica è piccola e abbiamo un gran legame, ma abbiamo contatti anche con gli altri cristiani e anche con professori e addetti musulmani nella parrocchia e nelle scuole.
Cerchiamo di mantenere un collegamento […] È una delle situazioni più gravi. Paradossalmente nel periodo del coronavirus, circa un anno e mezzo, eravamo in pace e non abbiamo avuto degli scontri” – continua.
La preghiera costante che il sacerdote innalza a Dio, ma che chiede a tutti di fare insieme a lui: pregare perché finisca la guerra, una guerra che logora da troppi anni.
Fonte: vaticannews
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ROSALIA GIGLIANO
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