Ha fatto il giro della rete la decisione di un sacerdote americano che ha negato la Santa Comunione all’attuale nuovo presidente americano Joe Biden.
Biden è infatti cattolico ma anche fervido sostenitore dell’aborto, due posizioni quindi assolutamente inconciliabili tra loro. Perciò per il cardinale Raymond Burke, ex prefetto della Segnatura Apostolica, si è trattato di “un grande atto di carità a favore del signor Biden”. La vicenda, riportata dal giornale Lifesitenews, è accaduta nella Carolina del Sud, nella parrocchia dell’attuale neo-presidente Biden.
Il card. Burke: “i sacerdoti facciano lo stesso con chi è pro-aborto”
Le parole del cardinale Burke sono di conseguenza un invito anche a tutti i sacerdoti e i vescovi che si trovano, durante la Santa Messa, di fronte a personalità pubbliche che si avvicinano alla Santa Eucaristia pur esprimendo apertamente, nella propria vita e nel proprio operato politiche, posizioni pro-aborto. Vale a dire, convinzioni esplicitamente contrarie agli insegnamenti e alla morale della Chiesa Cattolica.
Si tratta infatti del caso del democratico Joe Biden, fervente difensore dell’aborto libero e finanziato dai contribuenti americani attraverso il sistema di sanità pubblica. Non solo. Sono infatti molte le posizioni del tutto controverse dell’esponente repubblicano, che si dichiara cattolico ma ha uno stretto legame con Planned Parenthood, che propone servizi legati a utero in affitto e pratiche di questo genere.
Il neo-presidente Biden: si dichiara cattolico ma è pro-aborto e gender
In passato Biden ha persino celebrato un “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Burke ha spiegato che “quando c’è un fedele che sta commettendo pubblicamente un peccato grave, come nel caso del signor Biden che, tra le altre cose, è un sostenitore dell’aborto, il sacerdote è obbligato a raccomandare al soggetto in questione di non avvicinarsi per ricevere la Santa Comunione”.
“Se questi si avvicina per ricevere la Santa Comunione, il sacerdote deve rifiutargliela”, ha così specificato il porporato. Questo per la semplice ragione che il sacerdote non “ha alcuna discrezione in materia”, al contrario di quanto spesso si pensi. “Coloro che dicono che Biden dovrebbe essere ammesso alla Santa Comunione, perché altrimenti sarebbe scortese o che affermano che una tale azione renda l’Eucaristia una sorta di strumento politico, sono semplicemente in errore”, ha chiosato Burke.
Burke: non è questione politica ma di santità dell’Eucaristia
Il punto quindi per il prelato è un altro. “Qui non si tratta di una questione di politica”, ha spiegato. “Si tratta di una questione di santità della Santa Eucaristia, e di un politico che per sua stessa natura è una persona pubblica che si è resa indegna di ricevere il Santissimo Sacramento, perché promuove leggi e politiche palesemente contrarie alla legge morale”. Da ciò consegue che negare la comunione a un politico che sostiene questo tipo di atti immorali e inaccettabile è nient’altro che un atto caritativo.
O meglio, “un atto di carità prima di tutto, verso la persona che ha ricevuto la Santa Comunione, affinché non commetta il gravissimo peccato di sacrilegio“. Non solo direttamente verso la persona, ma anche “verso altri fedeli e verso altre persone di buona volontà che, se vedono una persona che sposa pubblicamente leggi e politiche contrarie alla legge morale ricevere la Santa Comunione, saranno indotti in errore”.
Comunione negata a Biden: “Un atto di carità verso tutti i cristiani”
Che cioè “saranno portati a pensare che è giusto sostenere l’aborto procurato o che è giusto sostenere il cosiddetto matrimonio di due persone dello stesso sesso”, ha spiegato il prelato. “Non è certo caritatevole verso gli altri che un sacerdote dia loro questa impressione impartendo la Santa Comunione a chi si trova in uno stato pubblico di peccato grave“.
Purtroppo, però, troppo spesso accade che ci sono vescovi e esponenti della gerarchia ecclesiastica, in particolare vaticana, che sostengono la testi che in fondo l’aborto non debba rimanere necessariamente oggi una questione prioritaria per la Chiesa. O almeno non tanto quanto debbano essere molte altre problematiche sociali, come la migrazione, la povertà e la disoccupazione.
La tesi irricevibile: l’aborto è una questione sociale come tante
Ovviamente, si tratta di una tesi irricevibile, perché l’aborto non è una questione sociale tra le tante. Al contrario, si tratta “dell’esproprio diretto della vita ad un individuo innocente e indifeso“, spiega Burke. “Se non c’è rispetto per la vita di un bambino innocente e indifeso nel grembo materno, come ci sarà il rispetto per una persona povera o per una persona che cerca lavoro e non lo trova?”.
Insomma, “se non pratichiamo questo fondamentale atto di giustizia, cioè il rispetto della vita del nascituro, diamo scarsa credibilità ai nostri sforzi per affrontare altre questioni morali”, ha affermato ancora il cardinale.
Ci sono mali particolarmente gravi su cui la Chiesa non transige
La Chiesa è da sempre in prima linea per problematiche (mali) di natura sociale, politica, umana. Ci sono quindi alcuni mali particolari, che ad esempio l’omicidio, l’aborto e il divorzio, che “sono particolarmente gravi, e quindi devono essere considerati con la massima attenzione”.
Perché “attaccano il tessuto stesso della nostra vita”. Di fronte a ciò la chiesa non può cadere “nel malessere culturale che vuole offuscare la sua coscienza – che ha offuscato la sua coscienza – all’orrore della pratica dell’aborto procurato”.
“Quel malessere culturale esige che la Chiesa non dia l’impressione di essere confusa anche riguardo alla gravità del male implicato nell’aborto”.
Giovanni Bernardi
Fonte: sabinopaciolla.com