La testimonianza terrificante di quello che è accaduto al sacerdote rapito, compreso il barbaro omicidio avvenuto sotto i suoi occhi e tutta la dura lotta spirituale davanti al male spietato.
Il suo appello alla comunità internazionale è di una importanza assoluta, specialmente di fronte a una decisione sconcertante che è stata presa.
Padre Bako Francis Awesuh è un sacerdote di 37 anni, parroco della chiesa cattolica di Gadanaji, nello stato nigeriano di Kaduna, e per oltre un mese ha vissuto un vero e proprio inferno in terra. Ora, il suo grido di allarme si propaga in tutto il Pianeta ed è per questo necessario che il mondo cattolico se ne faccia carico e lo faccia risuonare con assoluta intensità.
Il duro racconto del religioso rapito
Il religioso ha raccontato ad Aid to the Church in need il periodo di cattività nelle mani di spietati pastori musulmani Fulani, durato oltre un mese. Una realtà cruda e terrificante su cui vanno posti i riflettori perché non riguarda solamente il suo caso. Soltanto lo scorso 31 ottobre sono stati rapiti 66 cristiani, tra cui molti bambini, dalla Emmanuel Baptist Church del villaggio di Kakau Daji.
Tre seminaristi sono stati rapiti dalla cappella del seminario maggiore di Cristo re della diocesi di Kafanchan lo scorso ottobre, e in generale la sicurezza che viene offerta dalle istituzioni è praticamente inesistente. Sequestri e attentati colpiscono in continuazione chiese e villaggi e il governo non fa letteralmente nulla. In tutto ciò, si resta sgomenti per la decisione dell’America di Biden di togliere la Nigeria dalla lista nera dei paesi che violano maggiormente la libertà religiosa.
Nel caso di padre Bako Francis Awesuh, i rapitori sono arrivati a casa sua alle 11 di sera e lo hanno rapito. “Sentii degli spari e spensi subito la televisione”, ha raccontato. “Spensi la luce ma potevo vedere le ombre che si muovevano fuori dalla finestra e udire i passi. Aprii un poco la tenda per vedere ciò che stava accadendo e notai cinque pastori Fulani ben armati”.
La marcia verso il campo dei banditi
Ci furono degli aspetti che hanno permesso di capire chi erano. “Li riconobbi dai vestiti e dal modo in cui parlavano. Ero confuso, non sapevo cosa fare, mi sentivo perso. Poi bussarono. Sudavo. Mi rifiutai di aprire, ma loro fecero irruzione, mi buttarono a terra, mi legarono e mi frustarono dicendomi: Ti stiamo torturando perché ci hai fatti aspettare fuori troppo a lungo invece di aprire”.
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Il religioso è stato così portato via insieme ad altri dieci parrocchiani e in seguito costretto a camminare nel bosco per tre giorni, senza avere a disposizione né cibo né acqua. “Eravamo affamati, stanchi, deboli. Le gambe ci facevano male e avevamo i piedi gonfi visto che camminavamo scalzi. Il secondo e terzo giorno piovve, ma noi dovevamo andare avanti”, è la sua testimonianza da brividi.
Arrivati al terzo giorno, raggiunsero il campo dei banditi dove le donne rapite erano costrette a cucinare per i prigionieri. “Non ci hanno permesso di lavarci durante la prigionia. Dovevamo orinare e defecare all’interno del nostro piccolo rifugio. Puzzavamo come cadaveri e il rifugio puzzava come una camera mortuaria“.
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Le minacce e i tentativi di fuga
Ogni giorno venivano minacciati di morte, mentre alcuni tentavano di fuggire ma subito venivano catturati. Tre di loro persero la vita nel tentativo di fuggire. “Quanto dolore ho provato nel vedere i tre parrocchiani ricevere un colpo di pistola alla testa a sangue freddo davanti ai miei occhi senza che potessi fare niente”, racconta.
“È stato davvero doloroso. Mi sentivo impotente, senza speranza, inutile e non mi davo pace. L’immagine degli omicidi non mi lasciava e ho desiderato ardentemente di morire. Non riuscivo neanche a pregare tanto ero scioccato. Ogni volta che aprivo la bocca per pregare, le parole non uscivano. Tutto ciò che riuscivo a dire era: Dio abbi pietà“.
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Il dramma è finito nel momento in cui le famiglie di padre Awesuh e dei parrocchiani sono riusciti a pagare il riscatto, che ha permesso la liberazione dolorosa dei sequestrati. Il rilascio è infatti avvenuto solo dopo che i familiari hanno pagato circa 15 mila euro per il riscatto.
L’appello alla comunità internazionale davanti alla decisione assurda
“Conosco così tanti preti che sono stati catturati prima di me e sono stati uccisi“, sono le considerazioni finali. “Tornato a casa, sono rimasto traumatizzato e ho ricevuto aiuto psicologico, dopo un primo periodo in ospedale. Oggi vivo ancora nascosto, per ragioni di sicurezza e per riprendermi completamente. L’amore che ho ricevuto e di cui ho fatto esperienza, specialmente dalla mia famiglia, dai miei amici e dalla Chiesa, è stato enorme”.
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Ora padre Awesuh ha rivolto un duro appello alla comunità internazionale: “Gli attacchi dei Fulani sono diventati molto comuni nello stato di Kaduna”, dice. “Ecco perché chiedo alla comunità internazionale di intervenire e di accorrere in nostro aiuto“