In tempo di Coronavirus, anche le celebrazioni dei funerali sono state sospese. Così ogni giorno migliaia di nostri connazionali perdono la vita senza poter ricevere nemmeno l’unzione degli infermi.
Uno dopo l’altro, allora, i nostri sacerdoti stanno cercando di trovare ogni soluzione possibile per fare fronte a questa problematica. Ad esempio il missionario cappuccino Fra Aquilino Apassiti, nei giorni scorsi ha raccontato come riesce a dare conforto ai parenti delle vittime, rispettando allo stesso tempo le misure di sicurezza.
Il religioso, di 84 anni e rientrato in Italia 5 anni fa dal Brasile, in questi giorni sta a Bergamo, nella cappella dell’ospedale Giovanni XXIII, cercando di affacciarsi ai reparti quando consentito. E utilizzando, negli altri casi, un metodo alternativo, persino per le celebrazioni dei funerali. “I familiari dei defunti mi chiamano, io metto il cellulare sulle salme dei loro cari e preghiamo insieme”, ha spiegato il religioso.
“L’altro giorno una signora non potendo più salutare il marito defunto mi ha chiesto di fare questo gesto”, ha spiegato il cappuccino, raccontando di questo momento di grande dolor. “Ho benedetto la salma del marito, fatto una preghiera e poi ci siamo messi entrambi a piangere per telefono. Si vive il dolore nel dolore. E’ un momento di grande prova”.
Ma ci sono anche casi in cui i sacerdoti sono stati costretti a celebrare un funerale via Whatsapp. Purtroppo, in questi momenti drammatici, pur di non lasciare solo il proprio popolo, i nostri sacerdoti arrivano fino a questo punto. È la storia ad esempio di un altro parroco bergamasco, don Mario Carminati, parroco del Santissimo Redentore di Seriate, un paesino di venticinquemila persone poco distante dalla città di Bergamo e dove il Coronavirus non ha risparmiato i cittadini contagiati.
Soltanto nella sua parrocchia, pochi giorni fa i morti erano settanta. Tra cui c’è anche don Piero Paganessi, 79 anni, lo storico vicario. Sono gli stessi territori in cui si sono viste, in questi ultimi giorni, le camionette dei militari portare via le salme, in una processione drammatica di veicoli. Nei giorni precedenti don Mario si era proposto infatti di accogliere le bare nella sua parrocchia, visto che i forni crematori non avevano più spazio. Trasformando la chiesa in un cimitero.
Un altro simbolo drammatico di questa emergenza, è quello dei necrologi inviati via Telegram, perché le pagine del quotidiano locale L’Eco di Bergamo non hanno più spazio per ospitarli tutti. Nei primi giorni infatti sono andate crescendo le pagine del giornale in cui si ospitava la foto dei defunti, con una breve storia personale. Ma giorno dopo giorno sono andati crescendo vorticosamente.
I parrocchiani della chiesa di Santa Croce, nel popoloso quartiere della Malpensata, lo stesso in cui si trova la clinica Gavazzeni che ospita solo malati di Covid-19, hanno deciso con il cuore spezzato di aprire un gruppo Telegram in cui vengono diffuse le foto dei concittadini defunti.
Di storie come queste, purtroppo, in pochi giorni se ne sono venute a creare un numero molto alto. All’improvviso i cittadini dell’area bergamasca si sono visti catapultare all’interno di una guerra in cui ogni giorno si contano centinaia di decessi. Esperienze di cui non ci si potrà mai dimenticare, e che finiranno per segnare nel profondo un’intera comunità, un popolo, una nazione.
C’è bisogno di pregare con grande intensità, affinché questo dramma venga affidato nelle mani del Signore, che con la Sua infinita misericordia possa condurre a sé tutte queste anime innocenti e incolpevoli, e possa asciugare le lacrime dei loro concittadini e di tutti noi.
Giovanni Bernardi
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