La Cintola della Madonna fu lasciata da Maria all’apostolo Tommaso nel momento dell’Assunzione Maria, dopo il prodigioso trasporto dall’India al Monte degli Ulivi.
Oggi i diversi pezzi della stoffa sono presenti in diverse chiese di vari Paesi. Fino al quarto secolo rimase conservata nella città di Odessa. Ovvero fino a quando un giorno l’imperatore Arcadio la portò a Costantinopoli. La storia della Cintola trae origine da antiche tradizioni risalenti all’incirca al quinto secolo.
L’Assunzione di Maria e il dono della Cintura a San Tommaso
Un angelo infatti annunciò alla Vergine la morte, tre giorni prima dell’evento. Questi portò presso di lei, da località diverse e in maniera prodigiosa, tutti gli apostoli, escluso san Tommaso. Gli apostoli assistettero la Vergine fino al suo trapasso. Così decisero di trasportare il corpo nella valle di Giosafat.
Giunti in quel luogo lo posero in un sepolcro, richiuso da una grossa pietra. Un secondo dopo però furono accecati da una forte luce. In quello stesso istante anche san Tommaso venne prodigiosamente traportato dall’India fino a sul Monte degli Ulivi. Dove ebbe modo di vedere all’interno di una nube incredibilmente luminosa la Vergine nel preciso istante della sua assunzione in Cielo. Allora Tommaso, caduto in ginocchio dallo stupore, invocò Maria, che in cambio, in segno di benevolenza, gli gettò la sua cintura.
La traslazione della Sacra Cintola
Si dice che in seguito la Sacra Cintola venne traslata dopo essere comparsa a Zela, nelle vicinanze dell’antica Amasea. Tanto che la chiesa chiamata Chalkoprateia, vicino alla Basilica di Santa Sofia, venne consacrata appositamente per poter contenere la reliquia. Nella stessa chiesa furono poi deposte anche le fasce del Bambino Gesù, che tuttavia al momento hanno un’origine incerta.
Successivamente l”imperatore decise di riporre la Cintura all’interno di una preziosa urna, accuratamente sigillata. Un giorno accadde che l’imperatrice Zoé, nell’anno 888, cadde molto ammalata. Tanto che nessuno medico del suo impero era capace di guarirla.
Il miracolo della guarigione della moglie dell’imperatore
La donna era la moglie di Leone il Saggio. Una notte ebbe una rivelazione durante un sogno. Che cioè sarebbe guarita solo nel caso in cui le fosse imposta sul capo la Sacra Cintura di Maria. L’imperatrice raccontò subito a suo marito quanto aveva sognato, e immediatamente l’imperatore allertò il Patriarca di Costantinopoli.
A quel punto si procedette ben presto a prelevare l’urna contenente la reliquia, rompendone i sigilli che vi erano stati apposti. Nel momento in cui aprirono l’urna, si accorsero, in maniera sbalorditiva, che la Cintura brillava in maniera così vivida e lucente da sembrare come fosse stata tessuta in quello stesso momento.
La suddivisione della Sacra Reliquia in più parti
La stoffa venne posata sulla testa della donna malata. Che effettivamente guarì. Allora l’imperatrice Zoé decise di impreziosire la Cintura, prima di riporla, con fili d’oro. Successivamente la reliquia venne suddivisa in varie parti. Di queste, oggi due pezzi stanno in Francia, uno dal dodicesimo secolo nella città di Puy e l’altro dal 1252 in Bretagna. Un altro si trova sul Monte Athos, nel monastero di Vatopedi.
Mentre a Prato ne viene conservato un altro pezzo, giunto nella cittadina toscana a partire dall’anno 1141. Si dice che fu un mercante toscano, in viaggio a Gerusalemme, che la riportò all’interno dei bagagli di una ragazza con cui si fidanzò durante il suo viaggio. La stoffa le era stata donata dalla madre.
Il Sacro Cingolo come simbolo civile e spirituale di Prato
Oggi la Sacra Cintola rappresenta il simbolo religioso e civile di Prato, ed è conservata nella cappella omonima della basilica cattedrale di Santo Stefano. Si tratta di una sottile striscia di lana, lunga 87 centimetri di lana finissima di capra, di color verdolino e broccata in filo d’oro, che per antiche tradizioni è propria una parte della cintura che la Vergine donò a san Tommaso un attimo prima del momento della sua assunzione.
Il Sacro Cingolo per i pratesi rappresenta anche il presagio di una città che sul tessile ha costruito la sua fortuna, oltre che simbolo di unione tra cielo e terra, tra umano e divino. Un punto di incontro tra istanze civiche e spirituali, capace di tenere unito il territorio pratese.
Giovanni Bernardi