Il Santo di oggi è di origini campane, eletto durante il periodo longobardo nel Sud Italia. La sua missione era quella di contrastare le false dottrine
San Barbato di Benevento ebbe un ruolo principale per la lotta fra l’imperatore e i Longobardi che governavano il ducato locale. A lui si deve l’abolizione e il rigetto, da parte per primo del duca Romualdo, del culto idolatra dell’albero e della vipera, allora diffuso anche tra i cristiani.
San Barbato: dall’ingiuria alla lotta contro l’idolatria
Un Santo del VII secolo d.C. San Barbato di Benevento è noto, anche grazie al Martirologio Romano, per essere colui che ha portato alla conversione piena a Cristo, i Longobardi e il loro capo. La storia ci racconta che nacque Vandano di Cerreto nei primi anni del VII secolo e che, dopo gli studi a Benevento, fu ordinato sacerdote e inviato a Morcone.
I sacerdoti venivano, spesso, calunniati in quel periodo e la stessa sorte capitò anche a Barbato. Fu costretto a lasciare Morcone e a ritornare a Benevento. Qui fu dimostrata e riconosciuta la sua innocenza e, da quel momento, decise di dedicare pienamente la sua attività pastorale alla lotta contro l’idolatria e le superstizioni, molto presenti anche fra i cristiani.
Alla morte del Vescovo Ildebrando, il popolo beneventano ed il clero della città, ammirando lo zelo della sua attività e del suo prodigarsi per il popolo, decisero di nominarlo come successore. In quel periodo, i Longobardi erano, anche, a governo del Ducato di Benevento con il duca Romualdo.
Questi, pur essendo cristiani, affiancavano al culto per Cristo, anche forme di superstizione come il culto della vipera e dell’albero. Lo stesso Romualdo ne era ostinato sostenitore.
La richiesta d’aiuto a lui contro l’invasione
Di lì a poco, la città di Benevento fu posta sotto assedio dall’imperatore Costanzo II. Romualdo trovò nel Vescovo Barbato un valido aiuto per la resistenza. Stimolò l’animo dei beneventani. Quando i Longobardi vinsero contro l’invasore, il Duca Romualdo, riconoscente, fece cessare, a partire dalla sua casa, il contestato culto sia dell’albero che della vipera.
La consorte del duca, Teudorata, divenne un valido e pio aiuto all’attività pastorale del Vescovo.
Barbato partecipò, anche, al Concilio di Roma del 680. Dopo diciannove anni di guida ed attività episcopale, morì a Benevento il 19 febbraio 682. Il suo culto ebbe subito una rapida estensione sia a Benevento che a Salerno.
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Le sue reliquie sono custodite presso il Santuario di Montevergine, ma una di esse, consistente in un pezzo di osso di un braccio, è custodita nella chiesa parrocchiale di San Nicola in Castelvenere.
ROSALIA GIGLIANO