Nella seconda metà del XVI secolo, una tremenda carestia, prima, ed un’epidemia di peste, poi, colpirono buona parte dell’Italia settentrionale.
In quegli anni, mentre coloro che ne avevano la possibilità abbandonavano i luoghi di residenza per scampare al pericolo, l’Arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo (1538-1584, Piemonte), acquistava, a sue spese, farina, riso, legumi necessari a nutrire ben 3.000 persone.
Mentre le Chiese venivano chiuse, per arginare la diffusione della malattia, l’Arcivescovo faceva allestire altari all’aperto, perché i fedeli potessero seguire le celebrazioni e nutrirsi del Corpo di Cristo, in un momento così tragico.
Così scrisse Alessandro Manzoni, ne “I Promessi Sposi”, di quegli avvenimenti storici: “La peste colpì buona parte d’Italia e in ispecie il milanese, dove fu chiamata (…) la “peste di San Carlo”. Tanto è forte la carità! Tra le memorie così varie e così solenni d’un infortunio generale, può essa far primeggiare quella d’un uomo; perché a quest’uomo ha ispirato sentimenti e azioni più memorabili ancora de’ mali; (…) perché in tutti l’ha spinto e intromesso, guida, soccorso, esempio, vittima volontaria; d’una calamità per tutti, far per quest’uomo come un’impresa”.
I genitori di Carlo morirono prematuramente, ma lui ebbe comunque i mezzi per poter studiare e laurearsi, in Diritto Civile e Canonico. Quando lo zio materno, il Cardinale Giovan Angelo Medici, fu eletto Papa, col nome di Pio IV, venne richiamato, insieme al fratello, a Roma, dove poté godere di protezione e di molti benefici. Il fratello Federico morì dopo pochi anni e -si dice che- proprio in seguito a questo evento, Carlo decise di cambiare radicalmente vita. Ben presto, ricevette l’ordinazione sacerdotale e, di li a poco, fu nominato Vescovo.
Volle consacrarsi al servizio della Chiesa, intesa come “comunità di fedeli”, perciò cominciò ad elargire buona parte delle sue rendite a malati e bisognosi e a dedicarsi, per lunghe ore, alla preghiera, in favore di ogni persona.
Diceva: “Le anime si conquistano con le ginocchia”, ossia con la preghiera umile e continua. Come Arcivescovo di Milano (Diocesi che all’epoca comprendeva un territorio ampissimo, che andava dal Piemonte al Canton Ticino, alla Liguria), cominciò ad annunciare e ad attuare un piano pastorale “severo”, al fine di contrastare l’ignoranza e il malcostume del clero, nonché l’influenza delle autorità civili sugli affari della Chiesa.
In quel frangente, fu lui a convincere il Papa a riaprire il Concilio di Trento. Adoperò ogni suo mezzo per la costruzione di Chiese, collegi e scuole, ospizi per le ragazze in pericolo. Indisse visite pastorali frequenti, riunioni e ritiri per i sacerdoti, al fine di saggiarne l’adeguatezza. Istituì seminari e scuole di catechesi a tutti i livelli e, fino all’ultimo, seguì personalmente tutte le sue fondazioni.
In ognuna di esse riecheggiava il motto dell’Arcivescovo, formato da una sola parola: “Humilitas!”. San Carlo Borromeo è, da sempre, ritenuto anche il protettore dei catechisti. A lui è dedicato l’omonimo colosso, una statua di oltre 30 metri, situata ad Arona (Novara).
O glorioso san Carlo, sii padre tenerissimo di questo popolo; salvaci dall’errore e dalla corruzione, soccorrici nelle prove, aiutaci nella malattia e in ogni sofferenza.
Fa che il nostro impegno di vita cristiana aumenti di giorno in giorno e che ci adoperiamo alacremente per l’estendersi del regno di Dio su tutta la terra e in tutte le anime.
Ottieni la benedizione di Dio sui tuoi fedeli e fa che un giorno siano felici con te nella beata eternità. Amen.
Antonella Sanicanti
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