“La sua tomba fu immediatamente circondata da una “straordinaria luminosità” che durò per quarantacinque giorni, mentre l’interesse del pubblico continuò a crescere. Alcuni pellegrini tentarono addirittura di rubare parte delle sue spoglie: ne conseguì che le autorità decisero di riaprire la tomba, e così vi trovarono il corpo galleggiante nel fango, ma completamente privo di segni di deterioramento “come se fosse stato seppellito quello stesso giorno”. Si notò che un liquido simile al sangue trasudava dal suo corpo. Si conserva ancora il panno impregnato di questo liquido e, secondo la testimonianza dei monaci, è responsabile di molti casi di guarigione avvenuti negli anni; inoltre, durante il secolo scorso, la sua tomba è stata aperta ben quattro volte (l’ultima volta nel 1955), ed in ogni occasione si è potuto constatare come questo corpo sanguinante possieda ancora la sua flessibilità, come fosse ancora vivo”.
Ecco un’altra testimonianza:
“A partire da alcuni mesi dopo la morte si verificarono fenomeni straordinari sulla sua tomba. Questa fu aperta e il corpo fu trovato intatto e morbido. Rimesso in un’altra cassa, fu collocato in una cappella appositamente preparata, e dato che il suo corpo emetteva un sudore rossastro, le vesti venivano cambiate due volte la settimana. Nel 1927, essendo iniziato il processo di beatificazione, la bara fu di nuovo dissotterrata. Nel febbraio del 1950 monaci e fedeli videro che dal muro del sepolcro stillava un liquido viscido. Supponendo un’infiltrazione d’acqua, davanti a tutta la Comunità monastica fu riaperto il sepolcro: la bara era intatta, il corpo era ancora morbido e conservava la temperatura dei corpi viventi. Il superiore asciugò con un amitto il sudore rossastro dal viso del Beato Šarbel ed il volto rimase impresso sul panno.
“Un altro mistero lo riguarda: nessuno ha mai visto il volto di San Šarbel dopo il suo ingresso nel monastero, tranne ovviamente i suoi confratelli. Nessuno lo ha mai ritratto, né fotografato in vita. Aveva sempre il cappuccio calato sugli occhi. Eppure oggi abbiamo di lui una immagine
che lo rappresenta con gli occhi volti in basso, con un viso dolce illuminato da una bontà ultraterrena e da una mistica pensosità, incorniciato da una austera e saggia barba bianca ed un semplice cappuccio da frate.
Da dove proviene dunque questa immagine? L’8 maggio 1950, cioè mezzo secolo dopo la sua morte, in coincidenza con la sua data di nascita, quattro missionari maroniti scattarono una foto di gruppo insieme al custode presso la sua tomba.
Durante lo sviluppo apparve un sesto personaggio, un monaco dalla barba bianca, a mezzo busto, con il cappuccio e gli occhi abbassati. Non vi era alcun fotomontaggio ed i monaci più anziani riconobbero in quel volto San Šarbel con i tratti degli ultimi suoi giorni di vita mortale. San Šarbel Makhluf rimane dunque una tra le figure più meravigliose ed intense della fede universale, ed un esempio di rettitudine e profusione di un mistico amore che ha pochi eguali nella storia dell’umanità”.
Esperienza di Raymond Nader
Uno dei fatti più spettacolari nella loro soprannaturalità legati a San Šarbel è certamente quello occorso a Raymond Nader, elettromeccanico Libanese che ancora mostra i segni dell’intervento miracoloso di San Šarbel: sul suo braccio sono impresse le impronte delle cinque dita della mano del Santo che gli hanno letteralmente ustionato la pelle. I medici non sono stati in grado di classificare e spiegare in modo esaustivo questo genere di ustione misteriosa nella carne. Solo il dottor Nabil Hokayem, un chirurgo plastico fra i più famosi in Libano, ha confermato che si tratta di una inconsueta ustione di secondo grado. Da allora queste impronte si sono rinnovate spontaneamente per ben sei volte. Nell’aprile del 1997 Raymond Nader ha raccontato la storia davanti alle telecamere: “II 9 novembre 1994 ho trascorso una notte nell’eremo dove Šarbel visse per 23 anni. Mi sentivo spinto ad applicarmi alla meditazione, anche se non mi sono mai considerato né un devoto né un fervente credente; in quell’occasione accesi cinque candele. Era una notte calma e fredda, quando improvvisamente, sentii un calore attorno a me, mentre un forte vento iniziò a soffiare. Tuttavia, con mia grande sorpresa, le candele rimasero accese. Provai a ragionare realisticamente, poi pensai che stessi sognando o fossi in preda ad un’allucinazione. Di colpo persi i sensi; non c’era più calore, né vento, né fiamme. Ero in un mondo diverso, un mondo immerso nella luce. Non la luce che conosciamo abitualmente, ma una luce trasparente come acqua cristallina. La luce non proveniva da una direzione specifica, ma da ogni parte ed era molto più luminosa della luce del Sole. Poi percepii una Presenza, non con la vista usuale però; ad un certo momento udii una voce che non proveniva da nessun luogo e da tutti i luoghi perché la sentii in ogni parte del mio corpo, ma non con le orecchie fisiche, era come se si esprimesse senza parole, senza suoni. Questa Presenza mi infuse una sensazione di pace profonda, di gioia e amore. Avrei voluto che questo stato di beatitudine in cui mi trovavo permanesse per sempre, così come desiderai che questa Presenza mi fosse sempre accanto. E così in seguito accadde, perché da quel giorno San Šarbel mi è sempre vicino”.
Progressivamente Nader ritornò al suo normale stato di coscienza, osservò le candele e notò stupito che erano completamente consumate: erano trascorse quattro ore. Nader, perplesso e stordito, si allontanò dall’eremo, e mentre si avviava verso l’auto percepì un calore al braccio. Pensò ad un graffio o a una puntura d’insetto, ma il calore aumentava sempre più, così si levò il maglione e notò cinque impronte digitali sul suo braccio; esse erano riprodotte in ogni minimo dettaglio comprese le rughe e le unghie. Egli in seguito dichiarò di aver sentito molto caldo, di non aver avvertito alcun dolore, ma solo un prurito, e che, per cinque giorni da quel segno uscirono sangue e acqua. Successivamente, in occasione della festa di San Šarbel, il 15 luglio 1995, Raymond Nader ebbe nuovamente una straordinaria esperienza. Mentre stava visitando ilMonastero di San Marone presso l’eremo del Santo Libanese, vide una processione di monaci al termine della quale procedeva un monaco molto vecchio. Quando gli si avvicinò, tutto intorno a lui si ammutolì, ogni rumore sparì, ma riuscì ad udire la voce del monaco risuonare nella sua testa. Era San Šarbel che gli rivelò uno dei sei messaggi che in seguito avrebbe continuato ad affidargli:“Il Signore ha creato ogni essere umano affinché risplenda, per illuminare il mondo; voi siete la luce del mondo. Ogni essere umano è una lanterna destinata a risplendere; il Signore ha provveduto che ogni lanterna disponga di vetri chiari e trasparenti, per permettere a questa luce di risplendere e di illuminare il mondo; ma la gente si cura del vetro, dimenticandosi della luce; si interessa dell’aspetto del vetro, lo colora e lo decora, finché esso diventa torbido, opaco, impedendo così alla luce di risplendere e di conseguenza il mondo è sprofondato nell’ignoranza. Il Signore vuole illuminare il mondo. I vostri vetri devono ridiventare trasparenti. Dovreste realizzare il proposito per il quale siete nati in questo mondo”.
Ed ecco un altro messaggio: “Il regno di Dio esiste. Ogni uomo è chiamato a realizzarsi in esso. C’è un’unica via per riuscirvi: Gesù Cristo. Per compiere il viaggio verso il Suo Regno serve solo l’amore. Dobbiamo amarci gli uni gli altri disinteressatamente, incondizionatamente e illimitatamente. Per aumentare questo amore dobbiamo immergerci alla sua fonte, che è Gesù Cristo stesso, con la preghiera e con l’Eucaristia. Perché l’uomo prende la via in discesa, mentre quella che conduce a Dio è in salita? L’umanità è sopraffatta da pesi, da preoccupazioni che ne curvano il dorso e ne piegano la fronte al suolo. Essa non riesce più a sollevare il capo per vedere il volto di Dio. Ogni uomo cerca di togliersi il fardello dalle spalle, appoggiandolo su quelle degli altri. Ma appena se ne libera, qualcuno gliene impone uno maggiore. La gente cerca di liberarsi dei propri pesi e di aiutare gli altri a farlo ma solo Gesù può liberare l’uomo da tutti i problemi e gli affanni. Lo schiavo non può liberare un altro schiavo. Cristo soffre vedendo cadere l’uomo, redento dal suo sangue. Dio ci vuole liberi. La gente cerca la felicità dove non potrà mai trovarla, cioè in questo mondo, nelle cose materiali, negli uomini. Non potrà mai trovarla in questo mondo, perché non siamo fatti per esso. Se fossimo fatti per questo mondo ci resteremmo. Il denaro non libera l’uomo dalle catene, le fa solo brillare. L’uomo non può dare la felicità, perché non la possiede: solo Cristo può darla.
L’uomo più tribolato della terra è più felice del peccatore. Nel giorno del giudizio il peccatore non temerà tanto il severo giudizio di Dio, quanto rimpiangerà di non aver corrisposto al suo infinito amore. Questo amore immenso ha creato l’universo e lo governa. Ogni uomo che è fuori dall’amore è fuori da Dio, fuori dall’universo e fuori dalla vita. L’amore è l’unico tesoro che potete accumulare in questo mondo e portare con voi nell’altro. La gloria, il lavoro, le fortune, i tesori ed i successi che credete di aver posseduto sulla terra, resteranno in questo mondo. Porterete con voi solo l’amore e chiunque arriva davanti a Dio senza amore se ne pentirà amaramente. Questa sarà l’ora della sua vera morte, non il momento in cui ha lasciato la terra.
L’amore deve regnare nei vostri cuori e l’umiltà nelle vostre menti, perché l’arroganza conduce al peccato e l’odio alla dannazione eterna. Pregate e pentitevi.
Pregate e Cristo vi ascolterà. Aprirà i vostri cuori, vi entrerà e vi infonderà la pace. Pregate dal profondo del cuore e non come fa la maggior parte della gente, perché il gracidare delle rane raggiunge l’orecchio di Dio molto più delle parole vuote che sgorgano solo dalle labbra, ma non dal cuore dell’uomo.
Tutti hanno orecchie per udire. Pochi ascoltano, pochi tra coloro che ascoltano capiscono, e pochi di coloro che ascoltano e capiscono mettono in pratica. Ascoltate, capite e fate la volontà di Dio. Chi prega vive il mistero dell’esistenza, ma chi non prega esiste a stento. Esamina la tua coscienza, rifletti, pentiti e cambia vita!”
Tanti altri miracoli sono stati attribuiti a San Šarbel: conversioni, apparizioni e straordinarie guarigioni come quella di Nuhad Aš–Šami, la donna che soffriva di emiplegia con doppia ostruzione alla carotide. Lei stessa e la sua famiglia erano prostrati dalla disperazione perché Nuhad non si muoveva più e non riusciva più a cibarsi, non riuscendo più a deglutire […]. I dottori le avevano consigliato un’operazione con esito dubbio. Una notte, però, (era il 21 gennaio 1993), dopo che suo figlio le aveva frizionato la gola con dell’olio benedetto proveniente dal Monastero di San Šarbel si addormentò. Alle 23,00 vide in sogno San Šarbel ed un altro monaco che si avvicinarono al suo capezzale e la operarono alla gola. Risvegliandosi, si alzò, corse in bagno e davanti allo specchio notò due cicatrici ai lati della gola di dodici centimetri ciascuna, coi punti di sutura e del filo chirurgico nero che fuoriusciva, mentre il collo e la camicia da notte erano imbrattati di sangue. Grande fu lo stupore e lo spavento del marito vedendola in piedi e tutta insanguinata. Lo stesso mattino la famiglia di Aš–Šami si recò al Monastero di Annaya per testimoniare l’accaduto al superiore, quindi all’Ospedale di Beirut dove i medici, increduli, tolsero i punti di sutura dal collo di Nuhad e ne certificarono l’avvenuta guarigione.
In seguito San Šarbel apparve nuovamente alla donna e le disse: “Ti ho operato perché tutti ti vedano e la gente torni alla fede. Molti si sono allontanati da Dio, dalla preghiera, dalla Chiesa. Ti chiedo di partecipare alla Messa presso l’eremo di Annaya ogni 22 del mese; le tue ferite torneranno a sanguinare il primo venerdì ed il 22 di ogni mese”.San Šarbel è conosciuto in tutto il mondo; persino in Russia, dove ha compiuto numerosi miracoli e conversioni raccontate da Anatoly Bayukansky, lo scrittore che ha il merito di aver introdotto nei paesi dell’ex URSS il suo culto”.
“Una sera un domestico del monastero di Annaya gioca un tiro mancino al padre. Di nascosto riempie d’acqua la lampada di Šarbel e gliela porge. Questi l’accende e la lampada brucia. L’inserviente spaventato si pente, corre dal superiore e gli confessa la bravata, esortandolo a rilevare il prodigio. Il superiore trova Padre Šarbel con la lampada accesa, ignaro di tutto. La sequestra e constata che in essa non c’è traccia d’olio. La lampada arde con l’acqua! Un segno divino che il superiore registra nella memoria”. In Patrizia Cattaneo, Op. cit. p. 86
“La cella di Padre Šarbel è di sei metri quadrati. L’anacoreta indossa sempre la stessa tonaca in estate e nel rigido inverno delle montagne libanesi e, sotto le vesti, porta il cilicio. Dorme su un tappeto di pelo di capra con un asse di legno per guanciale. Una lampada ad olio, una brocca d’acqua, una scodella di legno, uno sgabello per tavolo ed un sedile di pietra costituiscono tutto il suo mobilio. Dorme tre ore per notte, prega e lavora incessantemente. Recita il salterio sette volte al giorno, celebra la messa nella chiesetta dell’eremo e prega quotidianamente per le anime del purgatorio. Egli venera teneramente la gran Madre di Dio, soprattutto con la recita del rosario […] si nutre una sola volta al giorno, verso le tre pomeridiane, di una misera zuppa di legumi, senza mai toccare carne, né frutta. Coltiva la vigna, ma non assaggerà mai un solo acino d’uva. Fugge il denaro come la peste, rifiuta le offerte e, se costretto ad accettare, le consegna immediatamente ai superiori. Pratica quattro volte l’anno il digiuno totale, a imitazione dei Padri del Deserto. Esce raramente, solo per vistare qualche ammalato, per ordine del superiore. Cammina col cappuccio calato sul volto, senza mai rivolgere lo sguardo ad alcuno”. Cfr.Ibidem, p. 80-82.