Sono diverse le occasioni nella storia della cristianità in cui il Signore ha inviato degli Angeli per liberare i Santi dalle catene della prigionia, come per San Felice da Nola.
Giunta fino a noi grazie a San Paolino da Nola, la vita di San Felice da Nola ci fa comprendere quanto la forza delle fede e dello Spirito Santo permetta di compiere opere miracolose su questa terra. San Felice da Nola, presule nato nel terzo secolo, dovette infatti rifugiarsi lontano dalla sua città vicino a Napoli, Nola, per via delle persecuzioni. Purtroppo però, in questa fuga, venne arrestato e poi severamente seviziato dai suoi aguzzini, secondo le tecniche usate all’epoca. La sua colpa era quella di avere svolto apostolato.
La tradizione vuole però che questo Santo della Chiesa venne miracolosamente salvato da un Angelo, o meglio, da un giovane che indossava vestiti bianchi e soprattutto “raggiante di gloria”. Grazie ai poemi scritti anni dopo, nel IV secolo, da San Paolino da Nola, questa storia meravigliosa è potuta giungere fino ai nostri giorni. Una storia capace di fare comprendere a tutti quanto la forza delle fede e dello Spirito Santo permetta di compiere opere miracolose su questa terra.
Quello che a prima vista sembrava un fanciullo, infatti, riuscì a intrufolarsi fino alla sommità di un fosso, in cui erano cosparsi frammenti di vetro rotti e in cui sfortunatamente giaceva il povero sacerdote. Si narra che le catene del religioso caddero a terra non appena il giovane le toccò.
Da lì, l’Angelo accompagnò Felice attraverso la porta, che si aprì misteriosamente al suo passaggio, e le sentinelle incaricate di fare la guardia si addormentarono istantaneamente. La sua permanenza nella prigione però lo aveva fiaccato notevolmente. L’Angelo allora fece in modo che, nel bel mezzo di un campo di rovi, si presentarono succosi grappoli d’uva, dei quali San Felice da Nola si nutrì ritrovando così il vigore del corpo.
Felice era anche uno stretto collaboratore del Vescovo Massimo, anch’egli imprigionato. L’Angelo lo accompagnò fino al nascondiglio del prelato, permettendogli di liberarlo. Ma fu soltanto nel 313, con la pace costantiniana, che San Felice da Nola riuscì a tornare nel suo paese campano. Il suo riconoscimento di Martire non è dovuto alla persecuzione, da cui riuscì a scappare, ma dal suo desiderio, dovuto all’intima comunione del sacerdote con il Signore, di vivere in povertà fino al giorno della sua morte.
Giovanni Bernardi
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