San Giovanni Bosco diede una casa ai giovani di strada.
Giovanni Bosco (1815-1888, Piemonte), non ebbe un’infanzia facile, ma segnata dalla povertà e dalla perdita del padre, che portò inquietudini in famiglia.
Divenuto sacerdote, cominciò a prendersi cura dei ragazzi disagiati e senza tetto.
Da uomo concreto qual era, sapeva bene che i giovani, per sopravvivere nella società, avevano bisogno di mezzi adeguati, perciò si impegnò a dar loro un mestiere o un titolo di studio, perché si inserissero “tra gli altri”, tra quelli a cui la vita aveva dato molto di più.
Non mutilò, ovviamente, la sua azione educativa, riducendola alla sola dimensione umana; seguì, infatti, i suoi ragazzi in tutto e per tutto, soprattutto spiritualmente.
“ “Ho fame”, dice con un fil di voce un ragazzo sui quindici anni, mentre a distanza, oltre la siepe, segue con occhi tristi e scuri lo schiamazzare di qualche centinaio di ragazzi, su un prato della periferia di Torino. Un giovane prete sta con loro, sprizza scintille di simpatia ed è l’anima del gioco; (…) a un certo punto il giovane prete fissa i suoi occhi sul ragazzo al margine del prato, gli si fa vicino, (…) gli chiede se si sente male: “Ho fame!”, (…) questa parola mobilita tutti. Si manda qualcuno a comprare del pane e un po’ di companatico”.
Ecco lo spirito che animava il sacerdote don Bosco.
Nel 1860, il progetto che aveva ideato, descrittogli in alcune visioni, divenne una comunità regolarizzata, approvata dalla Santa Sede e affidata, da don Bosco, alla protezione di Santa Maria Ausiliatrice dei cristiani e di San Francesco di Sales (alla cui dottrina si ispirava; da questo il nome di “salesiani” per i suoi membri).
Don Bosco dedicò la sua vita ai ragazzi che sembravano non avere una famiglia, uno scopo, ma, tra loro, non mancarono coloro che, semplicemente, volevano imparare le “cose di Dio”, come il piccolo San Domenico Savio.
Per loro don Bosco aveva delineato un vero e provo Sistema Preventivo, che spiegava come amorevolmente si poteva indurli ad interessarsi allo studio, al fine di divenire, un giorno, buoni cittadini, ben inseriti nel tessuto sociale.
Ecco alcuni dei suggerimenti (validissimi tutt’ora), che elargiva a coloro che lo affiancavano, nella dura, ma gratificante, missione di salvare le giovani vite dal vagabondaggio:
“La punizione dovrebbe essere l’ultima scelta”, perché la pazienza deve sostituire le minacce, in nome della comprensione caritatevole delle persone che si hanno davanti, specie se minori.
“L’educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi temere”, perché è più semplice che un giovane senta la mancanza della persona buona, che gli porge una mano e gli regala un sorriso e a cui vorrebbe, un giorno, assomigliare. L’esempio, nel comportamento e nelle azioni che l’adulto compie, diventa, allora, la chiave per farsi stimare, apprezzare e seguire.
“Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni”, perché i ragazzi sentano la paternità dell’educatore e non la prepotenza del suo potere e del suo ruolo.
“Per essere veri padri nel rapportarci ai giovani, non dobbiamo permettere che l’ombra della rabbia offuschi il nostro volto”, perché i ragazzi ci osservano e a loro trasmettiamo il nostro sentimento. E’ bene dunque che sia serenità, ciò che facciamo loro arrivare.
Oggi, l’opera di don Bosco è diffusa in molti Paesi nel mondo e definisce un interscambiotra educazione e santità, con una forte impronta preventiva e protettiva, da ogni male che possa toccare le giovani esistenze.
O Padre tenerissimo, al cui cuore Don Bosco ha attinto la forza d’amare, dona a noi la capacità di amare con il tuo stesso cuore. Aiutaci a capire che “amare i giovani vuol dire accettarli come sono, spendere tempo con loro, condividere i loro gusti e i loro tempi, dimostrare fiducia nelle loro capacità, tollerare quello che è passeggero e occasionale, perdonare silenziosamente quello che è involontario, frutto di spontaneità o immaturità”. Solo così potremo educare i giovani ed essere segni del tuo amore preveniente. Amen.
Antonella Sanicanti
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