San Giuseppe, patrono della Chiesa Universale è anche protettore di questo anno non semplice. Ecco come il Papa ne tratteggia la figura.
Nella sua Lettera Apostolica “Patris Corde” dell’8 dicembre 2020, il Papa ha indetto l’Anno di San Giuseppe, affidandone le difficoltà e affidando tutti noi al Custode della Chiesa. Ne ha inoltre tratteggiato la spiritualità e la figura, quella del Santo nascosto, dell’uomo buono, di quell'”uomo giusto” che tutti troppo poco conosciamo.
Attraverso alcuni estratti della “Patris Corde” potremo capire ancor meglio: chi è San Giuseppe per Papa Francesco?
Afferma il Papa: “Dopo Maria, Madre di Dio, nessun Santo occupa tanto spazio nel Magistero pontificio quanto Giuseppe, suo sposo”. Pertanto, dice il Papa, “vorrei – come dice Gesù – che “la bocca esprimesse ciò che nel cuore sovrabbonda” (cfr Mt 12,34), per condividere con voi alcune riflessioni personali su questa straordinaria figura, tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi”.
Così, continua Papa Francesco, “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza. A tutti loro va una parola di riconoscimento e di gratitudine”.
Il Papa si sofferma sulla figura paterna di San Giuseppe, come amato padre putativo di Gesù e sposo Castissimo di Maria: “La grandezza di San Giuseppe consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù. In quanto tale, «si pose al servizio dell’intero disegno salvifico», come afferma San Giovanni Crisostomo”.
“San Paolo VI osserva che la sua paternità si è espressa concretamente «nell’aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al mistero dell’incarnazione e alla missione redentrice che vi è congiunta; nell’aver usato dell’autorità legale, che a lui spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro; nell’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore posto a servizio del Messia germinato nella sua casa»”.
Papa Francesco ci che Giuseppe è il tramite per il quale Gesù ha avuto modo di visualizzare e sperimentare nella sua vita terrena lo sguardo di tenerezza del Padre del Cielo: “Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe: «Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono» (Sal 103,13).
“La storia della salvezza si compie «nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18) […]. Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza…”.
Papa Francesco tratteggia la figura obbediente di san Giuseppe ai piani di Dio, e ce ne parla in alcuni estratti della Lettera Apostolica: “Analogamente a ciò che Dio ha fatto con Maria, quando le ha manifestato il suo piano di salvezza, così anche a Giuseppe ha rivelato i suoi disegni; e lo ha fatto tramite i sogni, che nella Bibbia, come presso tutti i popoli antichi, venivano considerati come uno dei mezzi con i quali Dio manifesta la sua volontà”.
Anche Giuseppe, come Maria e Gesù, sa pronunciare il suo “Sì” all’opera di Dio: “In ogni circostanza della sua vita, Giuseppe seppe pronunciare il suo “fiat”, come Maria nell’Annunciazione e Gesù nel Getsemani”.
“Giuseppe accoglie Maria senza mettere condizioni preventive. Si fida delle parole dell’Angelo. «La nobiltà del suo cuore gli fa subordinare alla carità quanto ha imparato per legge; e oggi, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio».
Ecco come Papa Francesco ci aiuta a capire cosa direbbe a noi oggi il Patrono della Chiesa: “Come Dio ha detto al nostro Santo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere» (Mt 1,20), sembra ripetere anche a noi: “Non abbiate paura!”. Occorre deporre la rabbia e la delusione e fare spazio, senza alcuna rassegnazione mondana ma con fortezza piena di speranza, a ciò che non abbiamo scelto eppure esiste.
Accogliere così la vita ci introduce a un significato nascosto. La vita di ciascuno di noi può ripartire miracolosamente, se troviamo il coraggio di viverla secondo ciò che ci indica il Vangelo“.
“Se la prima tappa di ogni vera guarigione interiore è accogliere la propria storia, ossia fare spazio dentro noi stessi anche a ciò che non abbiamo scelto nella nostra vita, serve però aggiungere un’altra caratteristica importante: il coraggio creativo […]. Esso emerge soprattutto quando si incontrano difficoltà”.
“Il Cielo interviene fidandosi del coraggio creativo di quest’uomo, che giungendo a Betlemme e non trovando un alloggio dove Maria possa partorire, sistema una stalla e la riassetta, affinché diventi quanto più possibile un luogo accogliente per il Figlio di Dio che viene nel mondo (cfr Lc 2,6-7). Davanti all’incombente pericolo di Erode, che vuole uccidere il Bambino, ancora una volta in sogno Giuseppe viene allertato per difendere il Bambino, e nel cuore della notte organizza la fuga in Egitto (cfr Mt 2,13-14)”.
“San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia. Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro“
“San Giuseppe è un esempio e un faro nella vita di oggi per ognuno di noi: “La crisi del nostro tempo, che è crisi economica, sociale, culturale e spirituale, può rappresentare per tutti un appello a riscoprire il valore, l’importanza e la necessità del lavoro per dare origine a una nuova “normalità”, in cui nessuno sia escluso.
Il lavoro di San Giuseppe ci ricorda che Dio stesso fatto uomo non ha disdegnato di lavorare. La perdita del lavoro che colpisce tanti fratelli e sorelle, e che è aumentata negli ultimi tempi a causa della pandemia di Covid-19, dev’essere un richiamo a rivedere le nostre priorità”.
E infine una preghiera al Santo Patrono dei lavoratori? “Imploriamo San Giuseppe lavoratore perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia senza lavoro!”
Il Papa definisce San Giuseppe come l’ombra del Padre celeste che si posa su Gesù: “…lo custodisce, lo protegge, non si stacca mai da Lui per seguire i suoi passi. Pensiamo a ciò che Mosè ricorda a Israele: «Nel deserto […] hai visto come il Signore, tuo Dio, ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino» (Dt 1,31). Così Giuseppe ha esercitato la paternità per tutta la sua vita”.
Il significato di essere padri: “Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze”.
La castità di Giuseppe si esprime attraverso il rifiuto di possesso e l’umiltà: Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore”.
Elisa Pallotta
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