Nella Chiesa del Gesù Nuovo, c’è un cestino con una frase che ti riempie il cuore di amore e commozione per il suo significato profondo.
Emerge un particolare che ne tratteggia la straordinaria umanità intrisa di santità.
Nella immensa chiesa del Gesù Nuovo, nel pieno centro storico di Napoli, in una piccola cappella della navata laterale, c’è la statua, quasi a grandezza naturale, di San Giuseppe Moscati. Entrando in quel luogo di silenzio e di preghiera, si percepisce una pace che scaturisce dagli occhi e dalla mano che il Santo medico napoletano porge a chiunque lo guardi.
Tante sono le persone che, ogni giorno, passano di qui per lasciare una preghiera o anche solo per toccare la sua mano. San Giuseppe è lì che aspetta ed accoglie tutti, porge la sua mano come a voler dare il suo aiuto, allo stesso modo di come aveva fatto in vita. Una vita spesa per gli altri, spesa a curare i più poveri senza mai chiedere nulla in cambio.
Ma chi era Giuseppe Moscati? A Napoli, nei primi anni del 1900, era conosciuto come il “Medico dei Poveri”. Curava tutti gratuitamente e il suo studio, nel centro storico di Napoli, era sempre pieno di gente che a lui si rivolgeva, anche se non aveva niente da dare in cambio per la sua visita.
Giuseppe era così: lui non chiedeva nulla, ma solo preghiere. Chiedeva, però, di far attenzione ad un cestino posto fuori la porta del suo studio. “Un semplice cestino” per le offerte, che aveva una frase affiancata: “Chi ha, metta. Chi non ha, prenda”.
Nel suo studio, in mostra presso la stessa Chiesa del Gesù Nuovo, vi è ancora esposto il cappello con la sua frase, motto che racchiude tutta la sua missione.
Nonostante fosse un medico e, quindi, una persona alto borghese per il periodo storico nel quale è vissuto, Giuseppe non era attaccato al denaro e non aveva auto o vestiti di lusso. Tutto ciò che aveva o ricavava dal suo lavoro, lo donava ai poveri.
Morì a Napoli il 12 aprile del 1927. Le sue spoglie sono, oggi, tumulate proprio nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli.
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Ma c’è una particolarità: la sua festa liturgica (il 16 novembre) non coincide con la data della sua morte, ma con il giorno esatto in cui i suoi resti mortali hanno trovato pace, proprio a pochi passi dal luogo dove curava i suoi poveri.
Una mano di bronzo quasi consumata dalle tante altre centinaia di tocchi e carezze che, chiunque passi, dà a questo Santo. Giuseppe ci guarda tutti dall’alto, mentre l’altra sua mano, posta sul cuore, è un segno che ogni preghiera ed ogni grazia che chiediamo è custodita nel suo cuore e poi data a Dio Padre.
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