San Lodovico Pavoni spese la sua vita al servizio dei giovani e dei più bisognosi. Fin da subito capì che quella era la sua missione, poi gli fu svelato come compierla.
Lodovico nacque l’11 novembre 1784 a Brescia da una nobile famiglia, e fin da giovane manifestò una particolare sensibilità. Questa era legata a una questione di giustizia sociale già ben presente all’epoca. A scandalizzarlo profondamente era infatti il contrasto tra i benefici di pochi e la sofferenza di molti che ne era derivato da quel vero e proprio dramma, di odio e di cruda violenza, che era stata la rivoluzione francese.
In poco tempo si accorse anche delle tragiche condizioni che vivevano i figli dei contadini: al decisione su cosa doveva fare e come avrebbe dovuto comportarsi era quindi chiara. Cominciò presto a istruirli negli elementi base della cultura e del catechismo. Insieme a questo, spesso lasciava loro anche aiuti economici per potere andare avanti.
Per quei giovani, le frequentazioni alle lezioni di Lodovico erano un vero toccasana, mentre fuori la rivoluzione impazzava. Il futuro santo capì allora che avrebbe potuto servire la Chiesa, sempre più assaltata specialmente nel suo territorio, in quella stessa maniera. Comprese cioè che la sua strada era quella di diventare ben presto sacerdote, e che la sua missione sarebbe stata quella di servire fino all’ultimo i più poveri ed emarginati.
Fondò uno dei primi oratori della città dedicato a giovani sbandati e disorientati, a cui fece seguito l’Istituto San Barnaba e la prima scuola tipografica d’Italia. Dopo molti anni di tentativi, dal gruppo dei suoi più fedeli collaboratori ne nacque una vera e propria famiglia religiosa, eretta canonicamente l’11 agosto 1847 col nome di Figli di Maria, che oggi è quello di Figli di Maria Immacolata Pavoniani.
In quel periodo si delineò il tipo di sacerdote che Don Lodovico avrebbe voluto essere. Un ruolo importante in questa direzione fu giocato da un testo, intitolato “Influenze morali”, in cui venivano descritte con dovizia di particolare le cause della drammatica condizione che vivevano i giovani dei ceti meno abbienti, che spesso finivano per condurre una vita senza regole né amore.
La soluzione dell’autore era molto chiara: bisognava aprire scuole dove questi poveri giovani abbandonati potessero ricevere gratuitamente una buona istruzione e, in parallelo, imparare un mestiere. Era quella la strada che di lì a poco avrebbe intrapreso anche Don Lodovico, nonostante non avesse ben chiaro come l’avrebbe realmente messa in atto.
“Queste furono le dolci attrattive con cui piacque al Signore di chiamarmi dal quieto soggiorno di mia casa paterna ed invogliarmi alla volontaria oblazione di tutto me stesso in vantaggio di tanto pubblico bene”, furono le parole che scrisse. La sua carità venne tuttavia messa a dura prova dall’epidemia di colera esplosa nell’estate del 1836. In risposta, lui aprì la casa anche ai bambini rimasti orfani.
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Fin da subito don Lodovico aveva iniziato a pensare a come dare continuità alla sua opera. Cominciò quindi a istruire i suoi più stretti collaboratori, chierici e laici, durante le conferenze che teneva dopo una lunga giornata di lavoro. La conclusione della vicenda ci fu l’11 agosto 1847, quando il Vicario generale della diocesi bresciana eresse canonicamente la Congregazione dei Figli di Maria.
Giovanni Bernardi
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