San Massimiliano Maria Kolbe fu martirizzato ad Auschwitz, dopo essersi offerto di salvare la vita di un padre di famiglia.
Si racconta che la sua vocazione fosse stata ispirata già in tenera età, quando, mentre pregava nella Chiesa del paese, gli apparve la Madonna. Lei gli porgeva una corona di gigli e una di rose rosse. Simboleggiavano, rispettivamente, la verginità e il martirio. Massimiliano Maria Kolbe le prese entrambe!
Portò il nome di Raimondo fino al suo noviziato, presso i Frati Minori Conventuali (Francescani). Inviato a Roma, dove restò per 6 anni, conseguì le Lauree in Filosofia e Teologia. Questo, nonostante la scarsa istruzione ricevuta nell’infanzia, a causa delle ristrettezze economiche in cui versava la famiglia.
Venne ordinato sacerdote e, già nel periodo della sua formazione, chiese ed ottenne il permesso di fondare la “Milizia di Maria Immacolata”. Era un’associazione religiosa, per la conversione di tutti gli uomini, per mezzo di Maria.
Ben presto tornò in Patria, ma già segnato dalla malattia. Aveva, infatti, una forma di tubercolosi che gli aveva causato la perdita di un polmone e non gli permetteva di parlare per lungo tempo o di predicare.
Gli fu concesso, anche per questo motivo, di dedicarsi completamente alla propagazione del suo messaggio mariano. Raccolse molti consensi. A Cracovia, creò l’officina per la stampa di un giornale, “Il Cavaliere dell’Immacolata”, proprio per parlare dello scopo della “Milizia”. A Varsavia, su un terreno che gli era stato donato, fondò “Niepokalanow” (“Città di Maria”), un Monastero, principalmente.
Le testate giornalistiche divennero molte e di differenziarono, mentre lui inaugurava anche una stazione radio. Gli operai e i religiosi che accorrevano, per spartire col Padre polacco quel lavoro di diffusione della speranza e di conversione, non si arrestavano.
“Il Cavaliere dell’Immacolata” era ormai distribuito in milioni di copie. Padre Kolbe riuscì a portare il suo progetto anche fuori dai confini nazionali, fondando altre due “Niepokalanow”: in Giappone (anni dopo, la sede sarà utilizzata per accogliere gli orfani di Nagasaki, dopo l’esplosione della prima bomba atonica) e in India.
Purtroppo, però, giunse la violenza nazista della seconda guerra mondiale, a distruggere ogni cosa. Guardando i suoi Confratelli che si allontanavano, per salvarsi o perché imprigionati, diceva: “Non dimenticate l’amore!”.
Nel 1939, i nazisti, infatti, ordinarono la chiusura di “Niepokalanow”; vi rimasero circa 40 Frati che trasformarono, finché poterono, quel luogo in un centro di accoglienza per i feriti, gli ammalati, i profughi ebrei.
Il 17 Febbraio del 1941, dopo aver rifiutato la cittadinanza tedesca che l’avrebbe preservato, anche Padre Kolbe venne arrestato dalla Gestapo. Cominciò così il suo viaggio attraverso i campi di concentramento che lo condusse ad Auschwitz, dove fu messo con gli ebrei, in quanto sacerdote, e segnato col numero 16670.
Dopo qualche tempo, venne trasferito alla mietitura dei campi e, quando uno dei prigionieri riuscì a fuggire, i nazisti decisero che 10 di loro sarebbero stati condannati al bunker della morte, per fame, per dare una dimostrazione esemplare del loro potere!
Padre Kolbe non era tra questi, ma si offrì volontario, pur di salvare un padre di famiglia, Franciszek Gajowniczek.
In quegli ultimi istanti di vita terrena, la disperazione dei prigionieri, abbandonati a se stessi, divenne preghiera di accettazione, con l’aiuto di Kolbe.
Dopo due settimane in quelle condizioni, lui era ancora vivo nel Bunker, quindi i militari decisero di giustiziarlo con un’iniezione di acido fenico in vena. Kolbe tese il braccio, inneggiando: “Ave, o Maria”.
Le sue ceneri si confusero con quelle di tante altre vittime dei nazisti, nel forno crematorio.
Giovanni Paolo II disse che, con il martirio, aveva riportato “la vittoria mediante l’amore e la fede, in un luogo costruito per la negazione della fede in Dio e nell’uomo”.
O glorioso San Massimiliamo Maria Kolbe, seguace fedelissimo del poverello d’Assisi, che, infiammato d’amor di Dio, trascorresti la vita nella pratica assidua delle virtù eroiche e nelle opere sante d’apostolato, rivolgi il tuo sguardo a noi tuoi devoti che confidiamo nella tua intercessione.
Tu che, irradiato dalla luce della Vergine Immacolata, attraesti innumerevoli anime agli ideali della santità, chiamandole altresì ad ogni forma di apostolato per il trionfo del bene e la dilatazione del Regno di Dio, ottieni a noi luce e forza per operare il bene e attrarre molte anime all’amore di Cristo.
Tu che, nella perfetta conformità al Divino Salvatore, raggiungesti un sì alto grado di carità da offrire, in sublime testimonianza d’amore, la tua vita per salvare quella di un fratello prigioniero, impetraci dal Signore la grazia che, animati dallo stesso ardore di carità, possiamo anche noi con la fede e con le opere testimoniare Cristo ai nostri fratelli, per giungere con te al beatificante possesso di Dio, nella luce della gloria. Amen.
Antonella Sanicanti
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