Uno studio scientifico solleva interessanti dubbi e spunti di riflessione sul luogo di reclusione di San Pietro, il principe degli Apostoli.
Il carcere Tullianum, divenuto poi Mamertino, viene spesso accostato al martirio dei Santi Pietro e Paolo, quale luogo di detenzione prima dell’effettiva condanna. Ma la presenza dei due Apostoli al Tullianum lascia più di un dubbio e un interessante studio del professor Guiducci, esperto di storia della Chiesa, punta a far luce sulla questione. Le fonti scritte e la ricerca archeologica, vengono in tal senso in nostro aiuto e ci permettono di sollevare diverse considerazioni sul luogo di detenzione romano.
Carcere Mamertino: le fonti
Le fonti storiche che parlano del Mamertino sono diverse (e tutte autorevoli). Sallustio ne parla nel suo De Coniuratione Catilinae, ma anche Plinio il Vecchio e Calpurnio Flacco parlano di quello che, in tempi remoti era chiamato il “Tullianum”. E l’edificio era a tutti gli effetti un luogo di detenzione, ma attenzione, questo è un passaggio focale: “Si trattava piuttosto di un luogo ove rinchiudere (ed eliminare) i nemici dell’Urbe” (Guiducci). Se volessimo scavare sugli illustri nemici di Roma, che certamente finirono nel Tullianum, la lista sarebbe molto lunga.
La tradizione cristiana
Secondo la tradizione agiografica, la parte più bassa del Tullianum, fu quella che ospitò gli Apostoli Pietro e Paolo, nel periodo immediatamente antecedente al loro martirio. La tradizione, tra l’altro è ricca di dettagli: dalla conversione dei custodi (anch’essi martiri) alla polla d’acqua che gli Apostoli avrebbero fatto scaturire. Eppure, la loro effettiva presenza lascia qualche dubbio. Innanzitutto, come ricorda il docente, il Tullianum ospitava i “grandi nemici dell’Urbe” ed è difficile pensare che l’amministrazione imperiale considerasse San Pietro come “grande nemico”.
Spunti di riflessione
Al massimo, qualche ebreo ortodosso avrebbe potuto condannare San Pietro perché abbandonò la religione dei padri, ma questo non faceva di certo del Principe degli Apostoli un “nemico di Roma”. Altra considerazione importante: San Paolo possedeva la cittadinanza romana ed ebbe dunque la possibilità di alloggiare, in attesa del processo, presso un domicilio in affitto (approfondimento a fine articolo).
La condanna di San Pietro
Non sembrano, dunque, esserci le condizioni per considerare San Pietro un “grande nemico dell’Urbe”. Al massimo, poteva essere considerato, come ricorda Guiducci, un capo religioso, ma, fondamentalmente, uno sconosciuto. Pietro, così come gran parte dei praticanti del nuovo culto, fu condannato per un fatto “contingente”, risalente all’anno 64, l’incendio di Roma. Sappiamo come la ricerca di un capro espiatorio fece ricadere sui cristiani tale colpa. “Quindi, in conclusione, Pietro e Paolo morirono certamente a Roma ma non perché considerati dai tribunali dei grandi nemici”.
Un’ipotesi interessante
Da qui, può scaturire un’interessante ipotesi, quella dello sviluppo di culto cristiano presso il Tullianum, poi Mamertino, il cui “fatto iniziale” rimanda alla presenza di un martire. Allora, si potrebbe ritenere che il luogo di detenzione avesse una parte di “massima sicurezza” per i prigionieri più pericolosi” e un’altra per i detenuti “comuni”. “Forse, in uno di questi ambienti potrebbe essere stato rinchiuso Pietro“.
Approfondimento: dove abitò Paolo a Roma?: clicca qui
Fabio Amicosante
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