Severo di Ravenna era un laico del IV secolo, che venne acclamato Vescovo a furor di popolo.
Monsignor Severo (IV secolo) fu il 12esimo Vescovo della città di Ravenna, in uno dei primi secoli del cristianesimo; nei primi decenni in cui si poteva pensare di professare liberamente la fede in Dio.
Severo non era un sacerdote, ma un laico e venne nominato Vescovo a furor di popolo, come spesso accadeva in quegli anni.
Lui, infatti, era un vedovo e con una figlia a carico (che morì, anche lei, troppo presto), svolgeva il lavoro del lanaiolo e, quel giorno, come altri fedeli, si era recato in Chiesa, proprio per assistere alla nomina del nuovo Vescovo della città.
Il prodigio di San Severo: una colomba si posò di di lui
Quando una colomba si posò proprio sul suo capo, molti pensarono di aver assistito ad un segno dal cielo e che quell’uomo venisse designato per un compito così importante.
Severo, dunque, divenne Vescovo di Ravenna e, da quel momento, guidò i suoi concittadini lungo la via della fede. Partecipò al Concilio di Sardica (oggi Sofia, in Bulgaria), nell’anno 343.
I racconti sulla sua vita si perdono tra storia e leggenda e parlano di stati di estasi, durante la celebrazione; di almeno un episodio di bilocazione: il giorno della morte dell’amico e Vescovo di Modena, Geminiano, oggi anch’esso Santo. Ciò che si sa di San Severo di Ravenna è narrato dall’agiografica medioevale di Liutolfo.
La morte di San Severo
Dopo aver perso anche la figlia, avvertì che la sua vita stava terminando. A quel punto, fece aprire il luogo dove avrebbe dovuto riposare per l’eternità, vi si pose e spirò. Morì il 1° Febbraio, giorno in cui si commemora, dell’anno successivo alla sua nomina a Vescovo.
Pare che il corpo di San Severo sia stato trafugato (insieme a quello della moglie e della figlia), nell’842, da un Monaco tedesco che lo consegnò all’Arcivescovo Otgaro di Magonza. Questi lo condusse poi ad Erfurt, dove fu costruita la Chiesa Severi-Kirke.
Ciò spiegherebbe perché il culto di San Severo è molto diffuso in tutta la Germania.
Antonella Sanicanti
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