“Fu capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, poiché aveva scelto di servire Dio per primo”, disse Benedetto XVI.
Tommaso Moro, nome con cui in Italia si ricorda Thomas More, è stato un avvocato, scrittore e uomo politico inglese, noto per essere il coniatore del termine “utopia”, in cui indicava un’immaginaria isola dotata di una società ideale. Di questa, ne descrisse il sistema politico nella sua opera più famosa, “L’Utopia”, del 1516.
Lavorò come membro del Parlamento e ricoprì diversi incarichi diplomatici, ma è oggi ricordato soprattutto per il suo rifiuto alla rivendicazione di Enrico VIII di farsi capo supremo della Chiesa d’Inghilterra. Questa decisione infatti mise fine alla sua carriera politica e lo condannò alla pena capitale con l’accusa di tradimento.
La sua fama di uomo integerrimo, di giudice giusto e colto, estremamente stimato dagli umanisti europei, era grande. Al punto che Erasmo da Rotterdam gli dedicò il suo “Elogio della follia”. Allo stesso tempo, More era anche amato dal popolo per la sua carità, per il suo senso dell’umorismo e il suo fine intelletto, tutte caratteristiche che traspaiono apertamente all’interno delle sue opere. Prima di ogni altra cosa, però, Tommaso Moro fu un uomo di fede.
Fu presidente della Camera dei Comuni, si impegnò contro la Riforma protestante in qualità di consigliere e segretario del re, contribuisce alla stesura dell’opera che valse a Enrico VIII il titolo di Defensor fidei. vale a dire “La difesa dei sette sacramenti”. Fu il primo laico ad essere nominato Gran Cancelliere, nel 1529, poco prima del momento in cui diede le dimissione, spalancando tristemente alla sua famiglia le porte della miseria e dell’abbandono.
Quando Enrico VIII giunse, in opposizione a Papa Clemente VII, ad assumere la guida della Chiesa d’Inghilterra, Tommaso decise che non poteva approvare quella decisione e si ritirò dal mondo politico. Non poteva rinnegare la fedeltà al Papa. Viene imprigionato nella Torre di Londra ma questo non basta a piegarlo. Lui mantiene infatti la linea del silenzio, fino a che nel processo nei suoi confronti pronuncia la sua più famosa apologia.
In questa, ribadisce con grande fermezza l’indissolubilità del matrimonio, il rispetto del patrimonio giuridico ispirato ai valori cristiani, la libertà della Chiesa di fronte allo Stato. Viene condannato per alto tradimento e decapitato il 6 luglio, pochi giorni dopo Giovanni Fisher, di cui era grande amico.
Insomma, Tommaso Moro morì per affermare la verità. “Fu capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di cui pure era ‘buon servitore’, poiché però aveva scelto di servire Dio per primo”, disse Benedetto XVI nel discorso a Westminster Hall. Al netto delle sue prese di posizione verso il mondo, però, Tommaso si distingue soprattutto per la sua permanente intimità con Cristo.
A un uomo che lo prende in giro per le sue devozioni popolane, risponde: “Vuol dire che Dio ed i suoi santi non ci vedono, poiché bisogna circondarli sempre di ceri!”. E ancora: “Cristo non ha forse detto che Maria Maddalena sarebbe stata onorata perché aveva versato profumo sul suo corpo? Ci si potrebbe domandare allo stesso modo: Che bene può fare alla testa di Cristo l’olio profumato?”.
“Quel che ci insegnano l’esempio di quella santa donna e le parole del nostro Salvatore è che Dio si compiace di osservare il fervore della devozione del cuore ribollire e spandersi all’esterno; gli piace che lo si serva con tutti i beni che ha concesso all’uomo”. Tommaso, nella contemplazione di Nostro Signore, si eleva all’identificazione con Esso mettendo in risalto l’influenza di Cristo su tutto il genere umano.
La base dell’ottimismo fondamentale di Tommaso, del suo amore per la natura e della sua comprensione della debolezza umana, nonché della sua forza apostolica e della sua fiducia totale nel cristianesimo, ed anche del suo senso dell’umorismo, è da ricercare nella fede verso la presenza di Dio nel mondo. La sua forza è anche nella capacità di cogliere il positivo da ogni evento. Per la salvezza eterna è necessaria la fedeltà alla testimonianza della coscienza: di questo Tommaso ne è intimamente persuaso.
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“Certi credono che, se parlano in un modo e pensano in un altro, Dio presterà maggior attenzione al loro cuore che alle loro labbra”, scrive alla figlia Margherita. “Quanto a me, non posso agire come loro in una materia tanto importante: non rifiuterei di giurare, se la mia coscienza mi dettasse di farlo, anche se gli altri rifiutassero; e, del pari, non presterei giuramento contro la mia coscienza, anche se tutti vi sottoscrivessero”.
Giovanni Bernardi
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