Si tratta di una sorta di collare / catena che lui personalmente usava per le sue penitenze (con l’aggiunta di una pietra che la rendeva difficile da portare) e che apponeva al collo delle persone da liberare dal demonio.
Tutt’ ora, quello strumento è conservato come reliquia di San Vinicio, nella sua Basilica, ed è ritenuta capace di offrire grandi benedizioni ai milioni di fedeli che ogni anno vi si recano.
Il collare di San Vinicio risale -si pensa- a prima dell’ VIII secolo d.C,
“Signore, la mia condizione di peccatore non mi permette di chiederti ciò di cui ho bisogno; per me te lo chiede san Vicinio che proprio per la santità della sua vita merita di essere da te esaudito”, questa la preghiera che permette di usare quello strumento come mezzo per effettuare degli esorcismi.
In quel luogo, è don Fiorenzo Castorri (allievo di Padre Gabriele Amorth) ad occuparsi delle persone vessate dal maligno ed avvisa tutti: “Purtroppo, molti si accostano a questo rito con superstizione e, noi sacerdoti, cerchiamo di fargli capire che se vengono qui è perché hanno bisogno di Dio e non di una benedizione”
“Molti sono dei mitomani ed è abbastanza facile smascherare chi ha problemi psichici e non di natura religiosa. Quelli che affermano chiaramente di essere vittima di fatture o malefici, spesso indicando anche gli autori, molto difficilmente sono prede del diavolo. In sette anni che ricopro questo incarico, attualmente sono solo cinque quelli che sono chiaramente posseduti e che, settimanalmente, ricevo per scacciare il demonio dal loro corpo”.
Antonella Sanicanti
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